LE NUOVE CO.CO.CO.

Scritto da Matteo Atzori.

03 01In aula gremita oltre ogni ordine di posto, si è svolto il laboratorio sulle nuove co.co.co. condotto magistralmente dal collega Francesco Natalini, oltre che esperto della Fondazioni Studi, da anni rifermento di autorevolezza della nostra categoria.
Nei 50 minuti messi a disposizione si è dapprima fatta una breve sintesi sulla storia delle collaborazioni.
Il fenomeno della parasubordinazione, nasce nel 1973 dal vuoto lasciato libero, le così dette "zone di grigio", dal lavoro subordinato e da quello autonono. Si arriva poi alla Riforma Biagi del 2003 che introduce il lavoro a progetto, passando per la riforma Fornero del 2012 che sgancia il progetto dall'oggetto sociale del committente, per arrivare infine al decreto Legislativo 81 del 2015, il noto Jobs Act, che abroga definitivamente il contratto progetto, tornando indietro di fatto di 13 anni.
Se da un lato scompare definitivamente il progetto dal nostro sistema dall'altra fanno la comparsa due nuovi "mostri": l'etero-direzione e l'etero-organizzazione.
Tanto si è detto e scritto sull'argomento e la giurisprudenza di merito avrà modo di scrivere pagine sull'argomento, ma nel laboratorio si è comunque provato a sintetizzare i due argomenti che di fatto vanno a sostituire il progetto.
Non cambia la definizione legislativa della subordinazione intesa come assoggettamento al potere direttivo del datore di lavoro ("etero - direzione"), formulata nell'art. 2094 cod. civ.; ma nel caso della sussistenza di elementi riconducibili al lavoro subordinato, si applica la "disciplina del rapporto di lavoro subordinato" anche a rapporti di lavoro le cui prestazioni non siano caratterizzate dalla subordinazione del lavoratore nell'accezione tradizionale codificata, purché le relative "modalità di esecuzione" (oltre ad essere "personali" e "continuative") siano "organizzate dal committente", precisandosi che tale "etero - organizzazione" possa riferirsi soprattutto ai tempi e al luogo di lavoro.
Sostanzialmente mentre, cioè, il lavoratore "etero - organizzato" è inserito nell'organizzazione aziendale, quello solo "coordinato" esegue un'opera o un servizio che si collegano funzionalmente in maniera continuativa con l'attività del committente. Da questo collegamento funzionale consegue l'attribuzione al committente del potere, non già di organizzare la prestazione del lavoratore, ma di definire e precisare di volta in volta le esigenze produttive al cui soddisfacimento la collaborazione mira, sì da rendere possibile per il collaboratore il pieno e corretto adempimento della prestazione richiestagli.
Al termine di un acceso e costruttivo confronto, la cui esiguità dei tempi, vista l'ampiezza dell'argomento non ha permesso di esaurire appieno, abbiamo posto alcune domande al collega Natalini.

D: La prima domanda che abbiamo posto è: ritieni che con le modifiche apportate, ovvero l'abrogazione del contratto a progetto, si possa registrare un calo dei contratti di collaborazione?
R: il mio parere personale è che risulteranno invariate. Credo che non assisteremo a grossi sconvolgimenti né in aumento né in diminuzione. Se noi pensiamo a quello che era il vincolo rappresentato dal progetto, con il quale dovevamo fare i conti negli anni passati, oggi, tolto il progetto, abbiamo un "nuovo nemico" che si chiama etero organizzazione, che si può combattere, si può circoscrivere un po' come si fa, per così dire, con i virus. Se dovessi ragionare in una logica di "do ut des" probabilmente il numero rimarrà invariato. D'altronde quando si passò nel 2003 dalle co.co.co. alle co.co.pro., imponendo l'obbligo del progetto, non abbiamo registrato una riduzione, ma piuttosto ci siamo ingegnati nell'andare a individuare questa non meglio precisata fattispecie del progetto.
Oggi dobbiamo fare i conti con questa etero organizzazione, ma se io dovessi scegliere se aver a che fare con il contratto a progetto o l'etero organizzazione, tra i due mali sceglierei il secondo, perchè mi pare "un nemico" dal quale ci si può sganciare un po' più facilmente.

D: Seconda domanda: pensi che l'istituto della certificazione possa dare una mano ai contratti di collaborazione?
R: Io credo che la certificazione sia uno strumento straordinario. Ricordiamoci che questo è uno strumento che ormai da qualche anno il legislatore ci ha dato, che le altre categorie ci invidiano, rappresentando pertanto una prerogativa che dobbiamo cercare sempre più di sviluppare. A sostegno devo dire che il legislatore ci sta dando una mano in quanto negli ultimi tempi nella normativa giuslavorista troviamo questa "consacrazione" della certificazione come sede protetta, alternativa e parificabile a quella della contrattazione collettiva, in quanto la certificazione riesce a dare quell' "assistenza assistita" a tutela della parte debole del rapporto.
Grazie mille e buon lavoro.

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