LO SMART WORKING

Scritto da Ada Branciaroli.

03 01Smart working: una definizione e cosa prevede la Legge di stabilità.

Il testo, agganciato all'iter parlamentare della Legge di stabilità, definisce il lavoro agile come "una modalità flessibile di lavoro subordinato, che può essere svolto in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno, utilizzando strumenti tecnologici, seguendo gli orari previsti dal contratto di riferimento e prevedendo l'assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all'esterno dei locali azienda". Ecco dunque cos'è lo smart working.
L'obiettivo dichiarato, esteso anche alla PA, è di incrementare la produttività e favorire la conciliazione dei tempi vita-lavoro (ad esempio per chi ha figli) riducendo lo stress, conservando agevolazioni fiscali e contributive anche per questa formula d'impiego.
Ciò permetterebbe di migliorare anche la qualità di vita del dipendente, con la possibilità di attrarre talenti in azienda.
Insomma, il telelavoro, il papà dello smart working, è andato in soffitta, e si apre una nuova era.
Almeno dal punto di vista delle tutele, perché - come riportano i dati dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano - quasi il 50% delle grandi aziende sta già sperimentando questo tipo di prestazione.

Che cos'è il lavoro agile?
La relazione introduttiva al disegno di legge sulle nuove misure per il lavoro autonomo che contiene nella seconda parte le norme sul lavoro agile ci aiuta a fare chiarezza; definisce il lavoro agile una «modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro».
Il testo ne detta anche i confini: il lavoro agile è quel lavoro che può essere svolto in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno, seguendo però gli orari previsti dal contratto di riferimento e prevede l'assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all'esterno dei locali aziendali.
La quantità di tempo (giorni) in cui lavorare in telelavoro dipende dal tipo di accordo stipulato fra le parti. Ad oggi ci sono aziende che consentono il lavoro a distanza, ossia non presso la sede aziendale, per uno-due giorni a settimana. Ma dipende dal ruolo ricoperto.
Secondo una ricerca internazionale condotta da Regus, fornitore di spazi di lavoro flessibili, (105 i paesi coinvolti per un totale di 44mila interviste) in Italia il 51% dei manager, dei professionisti e dei cosiddetti "knowledge workers" – in linea con la media mondiale del 52% - lavora già lontano dall'ufficio per almeno metà della settimana (oltre 2,5 giorni).

Trattamento economico.
Il disegno di legge stabilisce che il lavoratore abbia il diritto di ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le stesse mansioni all'interno dell'azienda. Inoltre, gli incentivi di carattere fiscale e contributivo (ad esempio i premi) riconosciuti in caso di incremento di produttività ed efficienza del lavoro sono applicabili anche ai lavoratori "agili". L'articolo mette nero su bianco la clausola di invarianza finanziaria.

Sicurezza e assicurazione.
Vengono introdotte regole anche per quanto riguarda la sicurezza. Il datore deve garantire salute e sicurezza a chi svolge questo tipo di prestazione. A questo proposito è previsto l'obbligo di consegnare al lavoratore un'informativa scritta con cadenza annuale nella quale vengono individuati i rischi generali connessi al tipo di lavoro. Infine un capitolo sull'assicurazione obbligatoria. Anche in questo caso il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed è tutelato contro gli infortuni sul lavoro che possono avvenire durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello scelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali.

Le regole dell'accordo
Il testo disciplina anche la forma dell'accordo relativo alle modalità di svolgimento e al recesso. Viene stabilito che l'accordo deve essere stipulato per iscritto (pena la nullità) e disciplina le modalità di esecuzione della prestazione svolta all'esterno dei locali aziendali. È previsto che vengano anche individuati i tempi di riposo del lavoratore. Il contratto potrà essere a termine o a tempo indeterminato e in questo ultimo caso il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore ai 30 giorni. E solo in presenza di un giustificato motivo ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine.
Le nuove norme disciplinano poi la protezione dei dati e la riservatezza specificando che il datore di lavoro deve adottare - così recita l'articolo in questione - «misure atte a garantire la protezione dei dati utilizzati ed elaborati dal lavoratore che svolge la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile». Per ovvi motivi il lavoratore è tenuto a custodire con diligenza gli strumenti tecnologici messi a disposizione dal datore di lavoro ed è responsabile quindi della riservatezza dei dati cui può accedere.

Risparmio per l'Azienda.
Per molte aziende lo smart working (così come anche il co-working) può rappresentare un modo di tagliare costi. Ad esempio quelli legati alle sedi aziendali e di conseguenza ai costi di gestione delle stesse, si pensi ai risparmi legati ad esempio alle spese energetiche connesse all'illuminazione dei locali, alla climatizzazione estiva e invernale, alla gestione delle mense aziendali, alla pulizia.

Con lo Smart Working si è sempre raggiungibili dal Datore di Lavoro?
Secondo la proposta Sacconi è necessario che le parti (dipendenti e datore di lavoro) definiscano delle fasce orarie di disconnessione, altrimenti il rischio è che il lavoratore diventi "schiavo" della connessione permanente. Diverse grandi aziende tedesche e francesi hanno già raggiunto accordi per evitare il fenomeno dell'always on - Volkswagen, Bmw, Henkel, Axa France, Orange, solo per citare le maggiori.
In Francia si sta discutendo di inserire il diritto alla disconnessione nell'ordinamento. Il tema è tanto attuale quanto delicato, non può essere lasciato alla improvvisazione.

Quante aziende fanno smart working in Italia nel 2015 – 2016.

I numeri sono al rialzo: il 17% delle grandi imprese italiane ha avviato nel 2015 (erano l'8% nel 2014) progetti organici di smart working, introducendo in modo strutturato nuovi strumenti digitali, policy organizzative, comportamenti manageriali e nuovi layout fisici degli spazi.
A queste si aggiunge il 14% di grandi imprese che si dichiara intenzionato ad avviare progetti ed un ulteriore 17% che ha avviato iniziative per particolari profili, ruoli o esigenze del personale.
Dalla fotografia, scattata dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, si evince che quasi una grande impresa su due sta andando in modo strutturato o informale verso il nuovo approccio all'organizzazione del lavoro.
Da Vodafone a Bayer passando per American Express sono molte le aziende che in Italia hanno già progetti di smart working in corso.

La Barilla, ha lanciato una sfida, quella di offrire agli impiegati di lavorare da casa entro il 2020.
Smart working per Barilla significa tre cose: in primo luogo, lavorare dovunque, comunque e in qualunque momento. E in secondo luogo vuol dire utilizzare gli spazi in un modo diverso, hanno lavorato molto nelle varie sedi per riorganizzare gli uffici intorno alle attività di collaborazione, di comunicazione, di concentrazione individuale, che oggi possono essere fatte anche da remoto. Il terzo aspetto sono le tecnologie digitali.
Il progetto di Smart Working in Barilla è aperto a tutti gli impiegati. Tuttavia - sottolinea il gruppo - esiste una maggiore propensione al suo utilizzo da parte delle donne tra 30 e 55 anni e da chi effettua un tragitto casa-ufficio mediamente lungo.
La propensione all'utilizzo invece decresce con l'aumentare dell'età: la fascia più giovane è quella che la utilizza meno. Da un punto di vista contrattuale, i dipendenti possono lavorare in sedi diverse dall'ufficio per quattro giorni al mese, accordandosi con il proprio manager.

Grazie alle nuove tecnologie, il lavoro da remoto diventa dunque realtà: è possibile, infatti, scollegare l'ambiente e il fattore temporale dal lavoro in sé, che viene quindi fatto in maniera più indipendente, rendendo di più e portando l'azienda a un risparmio notevole in termini di infrastrutture e strumenti di lavoro.

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