DIMISSIONI TELEMATICHE

Scritto da Luca Furfaro.

01 01Le dimissioni per via telematica 2016, tramite un modello da compilare ed inviare on line, sono la "semplificazione" prevista dal decreto legislativo n.151 del 14 settembre 2015 recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Il decreto prevede che al di fuori delle ipotesi di dimissioni durante il periodo tutelato di maternità, che seguono una diversa procedura, le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione Territoriale del Lavoro competente.
Il Decreto con le modalità di applicazione è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 dell'11 gennaio 2016 con entrata in vigore il 12 gennaio 2016. Tuttavia la procedura è diventata disponibile e obbligatoria il 13 marzo 2016 così come previsto dall'art. 26 comma 8 del D. Lgs 151/2015, completando quindi il percorso di modifica della procedura.

Per la compilazione e l'invio del modulo, attraverso il sito del Ministero del Lavoro (www.lavoro.gov.it), il lavoratore dovrà essere in possesso del PIN INPS e di un'utenza del portale Clic Lavoro. La richiesta di emissione del PIN deve essere inoltrata all'Inps, accedendo al portale www.inps.it e attenendosi alla procedura per il rilascio del PIN.
Il possesso dell'utenza ClicLavoro e del PIN I.N.P.S. non sono necessari nel caso in cui la trasmissione del modulo venga eseguita per il tramite di un soggetto abilitato:

  • Patronato,
  • Organizzazione sindacale,
  • Ente bilaterale,
  • Commissioni di certificazione (di cui art. 76 del D.L.vo n. 276/2003).

Il dipendente, con le medesime modalità telematiche avrà la possibilità di effettuare la revoca delle dimissioni entro il termine di 7 giorni.
Di seguito il diagramma di flusso fornito dal Ministero che illustra la procedura:

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Tale norma è stata elaborata al fine di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco.
Le dimissioni in bianco sono una pratica che consiste nel far firmare al lavoratore le proprie dimissioni in anticipo al momento dell'assunzione, per poi cambiare in un secondo tempo la data riportata sulla lettera.
La norma sicuramente contrasta questo fenomeno, ma pone il fianco ad altre problematiche.
Ponendo che il lavoratore ha realmente intenzione di dare le dimissioni e che invii solamente una semplice comunicazione di dimissioni al datore, ma per mancanza di voglia o di tempo non provveda all'invio del modello telematico cosa potrà succedere?
Il lavoratore non chiude il rapporto di lavoro e rimane in forza presso l'azienda, il datore di lavoro contesterà le assenze al lavoratore e, senza espressa giustifica delle stesse, procederà ad un licenziamento disciplinare dello stesso; questa soluzione porrà il datore dinnanzi al pagamento dell'indennità di preavviso ed all'indennità di licenziamento con un aggravio di spesa per il datore.
Solleciti alla predisposizione delle dimissioni telematiche non avranno alcun peso e non potranno portare alle dimissioni, come invece avveniva con la modalità "Fornero".
Oltre al datore di lavoro tale comportamento diverrà un aggravio di spesa per la collettività poiché, pur trattandosi di una disoccupazione volontaria, verrà trattata come disoccupazione involontaria giustificando di fatto il ricorso all'indennità NASPI.

LE PROPOSTE
Al fine di non aggravare i costi involontari e rendere maggiormente fluida la procedura si potrebbe procedere in tale maniera

  1. Rendere maggiormente accessibile la pratica attraverso l'aumento degli intermediari abilitati inserendo tra questi i Consulenti del lavoro, di per se i primi ad avere la notizia delle dimissioni, ed inoltre i più preparati per fornire ai lavoratori i termini corretti per la cessazione del rapporto di lavoro. Si ricorda che il consulente del lavoro è una figura che ha una funzione che da sempre ha garantito e garantisce il rispetto della normativa.
  2. Creare una nuova fattispecie di cessazione ai fini previdenziali, l'Inps identifica le tipologie di cessazione in:
  • 1A Licenziamento (avvenuto per giustificato motivo oggettivo, licenziamento collettivo o altra tipologia non prevista dai successivi codici 1D, 1L e 1M)
  • 1B Dimissioni
  • 1C Fine contratto
  • 1D Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo
  • 1E Cessazione della contribuzione figurativa correlata per i dipendenti FS. Il codice è utilizzato solo nel mese di fine correlata.
  • 1F Conclusione del periodo di regolarizzazione di emersione ai sensi dell'art. 5 del D.lgs. n.109/2012. Circolari n. 113 del 14/9/2012 e n. 118 del 28/9/2012.
  • 1G Risoluzione consensuale
  • 1H Risoluzione consensuale in sede di conciliazione (art. 7 comma 7 L.604/1966 come modificato dalla L. 92/2012)
  • 1L Licenziamento per esodo incentivato (art. 4, commi 1-7 ter, L. 92/2012)
  • 1M "Licenziamento" per cambio appalto (art. 2, co. 34, lett. A), l. 92/2012). Valido dal 01.01.2013 al 31.12.2015
  • 1N Interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore edile, per completamento delle attività e chiusura di cantiere. Valido dal 01.01.2013 al 31.12.2015

Di queste tipologie dal 2016 le tipologie escluse dal calcolo del contributo di licenziamento sono la 1B, 1G, 1H.
Al fine di mantenere la ratio della normativa relativa alla lotta alle dimissioni in bianco, ma senza gravare economicamente sull'azienda e sulla collettività sarebbe opportuna la creazione di una nuova modalità di cessazione identificata come "Dimissioni per fatti concludenti"
A volte gli stessi accordi collettivi prevedono che da determinati comportamenti del dipendente conseguano automaticamente le dimissioni, come l'assenza prolungata e non giustificata del dipendente per un certo numero di giorni. La giurisprudenza aveva già affermato che un determinato comportamento del lavoratore può essere tale da esternare una sua volontà di recedere dal rapporto, in quanto suscettibile di essere interpretato anche come espressione per fatti concludenti della volontà di recedere (Cass. 20 maggio 2000 n. 6604). In tal senso anche la Cassazione 4 dicembre 2007 n. 25262 ha affermato che l'abbandono del luogo di lavoro da parte del dipendente, a seguito dell'affermazione di aver trovato una nuova occupazione, costituisce una manifestazione per fatti concludenti della volontà di dimettersi.
A tal fine si ricordano altre sentenze che consolidano la valenza delle dimissioni per fatti concludenti.
Sentenza 30 settembre 2014, n. 20589 nella quale si afferma che è legittima la qualificazione di dimissioni data dal datore di lavoro alla condotta del dipendente che non abbia ripreso il lavoro al termine di un legittimo periodo di assenza, il tutto unito a precedenti comportamenti che lasciavano presagire la volontà di terminare il rapporto di lavoro.
La sentenza 8 marzo 2011, n. 5454 afferma che il recesso volontario del lavoratore può essere desunto da dichiarazioni o comportamenti che, inequivocabilmente, manifestino l'intento di recedere dal rapporto.

Con l'introduzione sia in comunicazione obbligatoria (UNILAV CESSAZIONE) che in uniemens di questa nuova fattispecie di cessazione si potrebbe prevedere un istruttoria per queste casistiche da parte della Direzione Territoriale del lavoro al fine di desumere la reale volontà di dimissioni.
Il datore di lavoro che dichiara le dimissioni per fatti concludenti andrà quindi incontro ad un controllo di quanto dichiarato autocertificando il comportamento, qualora la dichiarazione non corrisponda al vero, si risponderà certamente dei reati di falso ("chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.").

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