LA CESSIONE DEI RIPOSI E DELLE FERIE

Scritto da Fabiola Fregola.

03 01L'art. 24 del decreto legislativo n. 151 del 2015 ha introdotto una novità, che non ha ancora avuto pratica applicazione, rappresentata dal nuovo istituto della cessione dei riposi e delle ferie.
In particolare l'articolo citato statuisce che "fermi restando i diritti di cui al decreto legislativo n. 66/2003, i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro".
La norma, attuativa della delega contenuta nell'articolo 1 comma 1, lettera e) della Legge 183/2014, è stata ispirata dalla Legge francese nota come "Loi Mathys", giovane, gravemente ammalato, il quale non poteva essere assistito giornalmente dal padre, avendo questi esaurito tutte le ferie e i permessi disponibili. Al fine di consentire al padre del ragazzo di poter essere assistito, i colleghi di lavoro misero formalizzarono in un accordo sindacale "la donazione" in favore di quest'ultimo parte delle proprie ferie e dei propri riposi. L'iniziativa, successivamente, trovò apposita regolamentazione in una legge che sancì il principio in base al quale i dipendenti possono donare, in modo anonimo, parte delle ferie e dei permessi non fruiti ad altri colleghi di lavoro che ne abbiano necessità per assistere i loro figli malati o bisognosi di cure.
Ma torniamo alla disposizione: salta subito all'occhio che, sebbene sia entrata in vigore il 24 settembre scorso, per essere pienamente efficace, si dovrà attendere che i contratti collettivi, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, stabiliscano, nel rispetto dei limiti cui si è accennato, misura, condizioni e modalità di esercizio del diritto.
In realtà, tuttavia, anche in Italia la fattispecie non era del tutto nuova e, di fatti, la prassi aveva preceduto la norma: si sono già stipulati, ad esempio, accordi integrativi che hanno previsto un particolare "meccanismo di solidarietà" tra lavoratori in base al quale si possono cedere volontariamente permessi e rol per sostenere colleghi che, "per gravi e comprovati motivi documentabili", abbiano terminato la propria dotazione contrattuale (alcuni accordi si sono, peraltro, spinti oltre prevedendo che l'azienda, a fronte di ogni ora "donata", si impegna a sua volta a donare una ulteriore ora).
Volendo analizzare, nello specifico la disposizione, i presupposti del nuovo istituto sono:

  • la gratuità della cessione delle ferie ed i riposi, nei limiti in cui potranno essere ceduti, nei confronti di lavoratori dipendenti (a prescindere dalla tipologia contrattuale in essere) dallo stesso datore;
  • la regolamentazione attraverso la contrattazione collettiva nazionale delle associazioni comparativamente più rappresentative, alle quali è rimessa la individuazione della misura, delle condizioni e delle modalità (circostanza che, di fatto, ne limiterà la effettiva attuazione);
  • l'unico obiettivo della cessione sarà quello di consentire l'assistenza di figli minorenni che, per le particolari condizioni di salute, necessitano di cure continue e costanti.

In merito ai su estesi presupposti occorre qualche precisazione.
La norma ha cura, all'inizio, di richiamare "i diritti di cui al Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66", appunto il decreto riguardante l'orario di lavoro. Tale richiamo induce a ritenere che, in coordinamento con il detto decreto, la cessione di ferie e riposi sarà consentita escludendo quel periodo annuale di ferie retribuite, non inferiore a quattro settimanale, e dei giorni minimi di riposo (in quanto esplicitamente irrinunciabili); quindi, la cessione potrà avere ad oggetto soltanto i giorni di ferie disponibili, ovvero quelli previsti dal CCNL in aggiunta al periodo minimo legale di 4 settimane.
Per quanto riguarda, invece, i giorni minimi di riposo stabiliti dal Decreto di riferimento, occorrerà tenere in considerazione la normativa sul riposo giornaliero e la normativa sul riposo settimanale, il quale, come noto, "qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro" (il lavoratore ha diritto a "undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore" e "ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero").
In virtù di quanto sopra, quindi, la cessione delle ferie e dei riposi ai colleghi potrà riguardare solo ore e giornate non rientranti nei limiti di cui sopra.
In ordine alla finalità della norma è il caso, invece, di sollevare una obiezione.
La disposizione si focalizza solo sulla cessione in presenza di "figli minori" bisognosi di cure costanti: forse sarebbe stato più "opportuno" includere anche eventuali figli non minorenni e/o parenti stretti del lavoratore, nelle medesime condizioni di bisogno (ad es. moglie o marito).
In ogni caso, fermi restando i limiti di cui sopra, può fondatamente ritenersi che l'autonomia contrattuale potrà superare le eventuali "discriminazioni" assunte dalla norma (potrebbe prevedersi, ad esempio, la applicazione dell'istituto anche nei confronti di figli maggiorenni o stretti congiunti ovvero la partecipazione della stessa azienda nella cessione).
Non ci resta che attendere che gli accordi sindacali inizino a regolamentare la materia.

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