SICUREZZA SUL LAVORO: IL CAMPO DI APPLICAZIONE SOGGETTIVO DEL D.LGS. N. 81/2008

Scritto da Armando Cerrato.

04 01Il D.Lgs. 81/2008 nel definire i principi e i criteri direttivi della normativa in materia di tutela e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, ha adottato una impostazio¬ne omnicomprensiva ed universalistica estendendo ed ampliando l'applicazione della disciplina antinfortunistica «a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio» ed «a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati».
Bisogna, infatti, aver riguardo non solo all'art. 3,4° comma, dedicato al campo di appli¬cazione soggettivo, ma anche all'art. 28 ove si stabilisce che la valutazione dei rischi «deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari (...) e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro».
L'ampiezza del campo soggettivo del D.Lgs. viene perfettamente fotografata dall'art. 2, lett. n), che definisce il lavoratore come la "persona" che indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione.
Restano al di fuori di questa definizione, ai fini della tutela, soltanto gli addetti ai lavori domestici, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.
Il D.Lgs. 81/2008 si è adeguato, con tale definizione, all' evoluzione e alla perdita di centralità del contratto "standard" di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c, in riferimento al quale era, di fatto, costruito l'ambito di applicazione del D.lgs. 626/1994, ampliandolo a forme di impiego differenti, recependo l'orientamento prevalente e consolidato che tende a garantire una tutela prevenzionistica a tutti coloro che si trovano in un ambiente di lavoro di cui un datore di lavoro abbia la disponibilità a prescindere dal titolo o dalla tipologia contrattuale o dalla gratuità della prestazione, concentrandosi sull'inserimento del soggetto nell' organizzazione del datore di lavoro.
Il coinvolgimento lavorativo nell'ambito organizzativo del datore di lavoro è il criterio di individuazione dei lavoratori soggetti all'applicazione del Decreto stesso; Ai lavoratori subordinati si affiancano così anche quei lavoratori che, pur non essendo i classici lavoratori subordinati del datore di lavoro, effettuano prestazioni lavorative destinate ad essere integrate nell'organizzazione datoriale.
Definito il lavoratore con il principio di estensione delle tutele all'interno del posto di lavoro a prescindere dalla tipologia contrattuale posseduta, avendo riguardo esclusivamente alle modalità concrete di svolgimento della prestazione lavorativa, l'art. 3 espone un'elencazione di tipologie lavorative equiparate. L'allargamento dei soggetti destinatari della normativa in materia di sicurezza è reso quindi palese dall'inciso "indipendentemente dalla tipologia contrattuale", nonché dal successivo art. 3, comma 4 "il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici,.......nonché ai soggetti ad essi equiparati ...".
Ai lavoratori "classici" vengono quindi equiparate altre figure quali:

  • soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestano la propria attività per conto delle società e degli enti stessi;
  • l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549 e seguenti del codice civile;
  • il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento (art. 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196) promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e/o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro;
  • l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione;

Inoltre, scorrendo l'art. 3 (dal comma 4 in poi), vediamo che tale decreto si applica anche ad altre tipologie di lavoratori anche se la tutela è limitata o condizionata.
Tali tipologie possono essere così riassunte:

Contratto di somministrazione di lavoro

Distacco del lavoratore

Art 20 e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e s.m.i.

Art 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e s.m.i.

Nei confronti di tali lavoratori vanno ottemperati tutti gli obblighi del DLgs 81/08 che ricadono sull'utilizzatore.  

Nei confronti di tali lavoratori vanno ottemperati tutti gli obblighi del D.Lgs. 81/08 che sono a carico   del  distaccatario,  fatto  salvo  l'obbligo  a  carico  del distaccante  di  informare  e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente  connessi  allo  svolgimento delle mansioni per le quali egli   viene   distaccato.  

Per   il   personale   delle   pubbliche amministrazioni   di   cui   all'articolo 1,   comma 2,  del  decreto legislativo  30 marzo  2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di  dipendenza  funzionale  presso  altre  amministrazioni pubbliche, organi o autorità nazionali, gli obblighi di cui al D.Lgs. 81/08 sono  a  carico  del datore di lavoro designato dall'amministrazione, organo o autorità ospitante.

Lavoratori a progetto

Collaboratori coordinati e continuativi

Art. 61 e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276

Art. 409 primo comma, n. 3, del codice di procedura civile

Nei confronti di tali lavoratori vanno ottemperati tutti gli obblighi del D.Lgs. 81/08 ove  la  prestazione  lavorativa  si  svolga nei luoghi di lavoro del committente.

Nei confronti di tali lavoratori vanno ottemperati tutti gli obblighi del D.Lgs. 81/08 ove  la  prestazione  lavorativa  si  svolga nei luoghi di lavoro del committente.

Lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio (voucher)

Telelavoro

 

Art. 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e sm.i.

Lavoratori subordinati  che  effettuano  la  prestazione  di lavoro  a distanza, mediante  il  collegamento  informatico  e telematico, compresi quelli di cui al DPR 8 marzo 1999, n.70, e all’Accordo­quadro europeo sul telelavoro del 16 luglio 2002

Nei confronti di tali lavoratori vanno ottemperati tutti gli obblighi del D.Lgs. 81/08 compresi quello di formazione  e informazione, dotazione  di DPI(sulla base della valutazione dei rischi), sorveglianza sanitaria nei casi previsti dalla legislazione vigente.

Esclusione per i  piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.

Nei confronti di tali categorie di lavoratori si applicano le disposizioni di cui al Titolo VII (attrezzature munite di videoterminale) del D.Lgs. 81/2008, indipendentemente dall’ambito in  cui si svolge la prestazione stessa. Quest’ultima  precisazione  appare,  in  verità,  scontata, atteso che l’ambito, in ogni caso, dovrà intendersi fuori dalla sede aziendale ovvero  di locale di cui il DL  ne  abbia  la disponibilità.

Altra figura prevista dall'art 3 è il lavoratore autonomo.
Secondo quanto previsto dall'art. 89 comma 1 lett. d) del D.Lgs. 81/2008, il lavoratore autonomo è la "persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione". Questa definizione, o meglio l'appellativo di lavoratore autonomo, nella sostanza con cui è stato tradotto e concepito dal legislatore impegnato a regolamentare la tutela di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, non trova una paritaria equivalenza all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, se non tramite la definizione del "contratto d'opera" contenuta all'art.2222 libro V, titolo III del codice civile che individua il contratto d'opera come "persona che si obbliga a compiere verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente". La somiglianza tra le due formulazioni appare evidente in quanto, in entrambi i casi, ci si riferisce a persona fisica che, con la propria professionalità, esegue una lavorazione per la quale non deve possedere obbligazioni riconducibili al lavoro subordinato.
La professionalità, la personalità fisica e l'assenza di vincoli di subordinazione, sono le principali caratteristiche del lavoratore autonomo.
Quando il D.Lgs. 81/2008 indica il lavoratore autonomo, si riferisce alla figura dell'artigiano e dell'impresa artigiana contemplata dalla "Legge-quadro per l'artigianato" che, in sostanza, individua l'artigiano in colui che esercita un'attività di impresa finalizzata alla produzione dei beni o alla prestazione di servizi.
La direttiva comunitaria precedente si limitava a definire questo soggetto solo per effetto di esclusioni, lasciando ad una confusa aleatorietà la figura del lavoratore "imprenditore di sé stesso".
Purtroppo, però, nel nostro Paese in cui l'attività produttiva era (ed è) fortemente imperniata di piccoli e medi soggetti imprenditoriali (artigiani) legittimati ad operare da lavoratori autosufficienti e quindi senza un sistema di tutela in materia di sicurezza, queste flessibilità facevano si che i fenomeni infortunistici assumessero la connotazione di vere e proprie "stragi".
L'avvento del D.Lgs. 81/2008 ha sostanzialmente chiuso un'epoca, stabilendo, in maniera definitiva, un ordinamento di responsabilità ed una gerarchia di garanzie inteso a regolamentare il mercato anche nel rispetto dell'incolumità del singolo lavoratore, non potendo prescindere, dunque, dal creare un sistema di restrizioni alle figure imprenditoriali meno strutturate e, pertanto, meno coinvolte finora dai "classici" sistemi di garanzia e tutela della sicurezza.
Il "lavoratore autonomo" si ritrova, per la prima volta, ad essere coinvolto in un sistema cautelare che, inevitabilmente, ne ha limitato il campo d'azione inserendolo, anche se in maniera residuale, in un nuovo quadro di gestione della sicurezza.
Chi è allora il lavoratore autonomo previsto dal D.Lgs.81/2008 in assenza di chiara e certa definizione?
Il lavoratore autonomo oggetto del DLgs. 81/2008 e dei successivi riferimenti, è rappresentato pertanto, dall'impresa individuale artigiana che svolge la propria attività senza avvalersi di lavoratori subordinati (nell'accezione ampia ed estesa contenuta all'art. 2 comma 1 lett.a) e senza l'ausilio di soci o collaboratori di qualsiasi natura (nemmeno familiari).
Gli adempimenti in capo ai lavoratori autonomi attraversano in maniera trasversale l'intero D.Lgs. 81/2008, sebbene poi, i maggiori obblighi si addensino all'interno del Titolo IV (cantieri temporanei e mobili).
Molti adempimenti riservati alle imprese, incidono minimamente sulla figura dell'artigiano autonomo, anche in ovvia conseguenza del fatto che questo soggetto giuridico non possiede lavoratori subordinati per i quali, invece, sarebbe tenuto ad attuare le comuni misure di tutela previste dal decreto, ma nonostante tutto anch'essi ricadono in alcuni obblighi cogenti da rispettare.
Uno tra i primi riferimenti al lavoratore autonomo è contenuto all'art.20, comma 3, D.Lgs. 81/2008, circa l'obbligo di esporre, in regime d'appalto e subappalto, l'apposito tesserino di riconoscimento.
Il lavoratore autonomo deve fornirsi quindi del cartellino di identificazione. Nel successivo art.21 vengono delineate importanti precisazioni riferite a numerosi soggetti giuridici tra i quali spiccano, in maniera palese, i lavoratori autonomi e gli artigiani, i quali sono obbligati ad utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di legge ed a munirsi di dispositivi di protezione individuale al pari degli altri lavoratori. Gli stessi soggetti, recita la norma, con riferimento ai rischi specifici delle attività svolte, hanno "facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria e partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro". Come è facile notare, al fianco di alcune obbligazioni indispensabili in termini di "convivenza", con altri soggetti, i lavoratori autonomi non sono obbligati né a frequentare corsi di formazione professionale né a sottoporsi a specifici controlli sanitari.

Altra novità presente nell'art. 3 è l'inclusione dell'impresa familiare.
L'impresa familiare è una di quelle organizzazioni di lavoro per le quali il legislatore ha inteso concedere degli "sconti" sugli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro posti in genere a carico di tutte le aziende.
Prima di procedere all'individuazione degli obblighi dell'impresa familiare, occorre individuare il contenuto dell'art. 230-bis cod. civ. Lo stesso riconosce al familiare che presta la propria attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, il diritto al mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia; il diritto alla partecipazione agli utili dell'impresa e dei beni acquistati con essi, nonché agli incrementi anche in ordine all'avviamento in proporzione alla qualità e alla quantità del lavoro prestato.
Agli stessi familiari, inoltre, è riservato il potere di concorrere alle decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi, gli indirizzi produttivi, la gestione straordinaria e la cessazione dell'impresa. Il legislatore ha, quindi, introdotto una figura nuova di impresa, che non trova la sua fonte in un rapporto contrattuale, ma discende direttamente dalla legge e che alla legge si rifà per la disciplina di quello che è, sostanzialmente, un rapporto fondato sulla solidarietà familiare. Per essere considerati Collaboratori Familiari dell'impresa, i familiari devono partecipare all'attività della stessa in modo continuativo e prevalente.
Ai fini civilistici, vale a dire al fine di conseguire il riconoscimento dei diritti di cui all'art.230-bis, la norma non detta condizioni di forma particolari. Al riguardo però alcune sentenze della Cassazione hanno stabilito che la costituzione dell'impresa familiare non è automatica ma deve pur sempre sussistere una manifestazione di volontà, espressa o tacita, da parte dei familiari interessati. La forma scritta, anche se non obbligatoria ai fini civilistici, è pur sempre consigliabile per poter definire in modo chiaro la sfera dei reciproci diritti e doveri; Pertanto a questo fine non è sufficiente che l'atto costitutivo sia redatto in forma scritta ma è anche necessario che tale atto rivesta la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
Detto ciò, l'applicazione della normativa antinfortunistica ai collaboratori familiari è stata da sempre discussa, basti pensare che il Ministero del Lavoro era intervenuto con circolare n. 154/96 affermando che il campo di applicazione del D. Lgs. 626/94 non comprendeva i collaboratori familiari di cui alla disciplina dell'art. 230-bis del Codice civile, poiché questi ultimi non erano richiamati espressamente neanche tra gli equiparati, né potevano essere inquadrabili nella categoria dei lavoratori con rapporto di lavoro subordinato. La Corte costituzionale, inoltre aveva confermato il principio che la normativa antinfortunistica non poteva trovare applicazione all'impresa familiare poiché questa, essendo permeata di legami affettivi, difficilmente delinea in modo netto obblighi e doveri sanzionati. La posizione del legislatore con il D.Lgs. 81/2008 è radicalmente cambiata; all'art. 3, c. 12, del D.Lgs. 81/2008, il legislatore indica in maniera inequivocabile rispetto al passato che "nei confronti dei componenti dell' impresa familiare di cui all'art. 230-bis del codice civile, [.....] si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 ".
Quindi a carico dei componenti dell'impresa familiare sopra descritta si applicano gli obblighi indicati nell'art. 21 quali l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale adeguati ai rischi corsi, l'utilizzo di attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni di legge vigenti in materia di sicurezza sul lavoro nonché l'obbligo di munirsi di apposita tessera di riconoscimento qualora effettuino la loro prestazione lavorativa in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.
Qualora invece i propri familiari fossero inquadrati come lavoratori subordinati ad essi andrebbero apprestate tutte le tutele e i rispettivi obblighi al pari di qualsiasi altro lavoratore come peraltro confermato dallo stesso Ministero del Lavoro con Circ. n. 30/98 in cui si stabilisce che "Il vincolo di subordinazione tra familiari esiste sicuramente nell'ipotesi di formale assunzione con contratto del familiare ".
Nel caso in cui il titolare dell'impresa familiare avesse alle dipendenze lavoratori subordinati acquisterebbe verso di essi tutti gli obblighi di un normale datore di lavoro in quanto non si rinviene alcuna diversa indicazione né deroga all'interno del D.lgs. 81/2008. Pertanto egli sarebbe tenuto ad adempiere a tutti gli obblighi di informazione, formazione, ivi compresa la frequenza di corsi formativi specifici qualora richiesti dalla peculiarità della mansione svolta dal/i propri lavoratore/i, a nominare gli addetti antincendio, primo soccorso, a effettuare la valutazione dei rischi ecc., mentre i propri collaboratori familiari non contrattualizzati come lavoratori subordinati continuerebbero ad essere obbligati solo entro i termini di cui all'art. 21.

 

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