DICE IL SAGGIO

07A volte merita leggere la storia non attraverso i libri ma "riprendendo in mano" la storia stessa. Leggere lo stralcio di un discorso di un personaggio storico o di un testo originale fa comprendere come, nella realtà dei fatti, le cose non siano poi cambiate così tanto come molti ci fanno credere. La sensazione di fronte ad alcuni testi è quella di un "dejà vu".
Di seguito proponiamo un estratto dal quaderno delle rimostranze, lagnanze e suppliche degli abitanti componenti il Terzo Stato della città di Civray (1789).

Art. 1. I deputati di Civray lamenteranno che, dovendo le imposte essere approvate dal popolo, e le leggi essere il risultato della loro comune volontà, siano state stabilite varie imposte e fatte parecchie leggi senza il consenso della Nazione.
   Chiederanno la riforma di questo abuso e che si ordini per l'avvenire che non sia fatta e promulgata nessuna legge, né stabilita nessuna imposta, senza la consultazione e il consenso deli Stati Generali.
Art. 2. Rileveranno che sono stati fatti numerosi prestiti ed intraprese e che sono stati creati numerosi posti inutili o onerosi al pubblico, senza che la Nazione sia stata consultata.
   Chiederanno che innanzitutto si esaminino i debiti dello Stato; che gli Stati Generali si degnino di occuparsi della loro estinzione, soppressione e conveniente riduzione; che si stabilisca una giusta economia nell'amministrazione delle finanze, che si annullino i contratti rovinosi, che soprattutto sia preso in considerazione il fatto che i creditori dello Stato acquisteranno una sicurezza insperata, per cui dovrà necessariamente seguire una riduzione degli interessi.
Art. 3. Lamenteranno che le imposte sono state ripartite, non in base all'interesse che ciascuno ha al mantenimento di una forza pubblica per contenere il nemico straniero e reprimere il nemico domestico, ma in considerazione del minore potere e della minore resistenza dei Corpi e degli Stati, per cui è risultata una sperequazione soprattutto a danno della classe più povera.
   Chiederanno che le imposte siano ripartite fra tutti i sudditi del re, nobili, ecclesiastici ed altri, senza distinzione né privilegi, in maniera uniforme, proporzionale, chiara; e che la percezione sia fatta nella maniera meno costosa e meno gravosa.
Art. 4. Lamenteranno che tra le imposte indirette in vigore ve ne sono molte che nuocciono al commercio interno del Regno, altre che si percepiscono in maniera incerta e ingiusta, dando luogo a inquisizioni vessatorie odiose; che l'appaltatore delle imposte, interprete di regolamenti sempre nuovi e mutevoli, esercita, col favore di sottili interpretazioni, un potere arbitrario sulle ricchezze private. [omissis]
Art. 10. Lamenteranno che le varietà delle leggi e delle consuetudini danno luogo a grandi difficoltà e provocano una specie di disunione tra popoli vicinissimi. [omissis]

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