SUCCEDE DI BELLO CHE…

Questa rubrica trae origine da un presupposto scontato e forse banale: pensare che dietro i ritmi frenetici delle nostre attività lavorative ci siano, prima che professionisti, persone. 

Quindi può far piacere ricordarsi, per un solo momento, questa piccola verità, giusto cinque minuti di svago in cui cercheremo di condividere con voi quello che, appunto, succede di bello. 

06 01Siamo notoriamente un paese avanguardista. Sotto tutti i punti di vista. Impossibile negarlo: dalla cultura al senso civico, dalle riforme ai grandi progetti di lungo periodo. Per non parlare della politica e dell'esempio che essa diviene per ogni singolo cittadino. Direi quasi un'icona di condotta. Quasi.
Questo governo poi è eccessivamente avanguardista direi. Talmente avanguardista da avere avuto la necessità di dibattere su un punto fondamentale, di non ritorno, per le sorti di questo Paese: le quote rosa.
Fiumi di parole e litri di inchiostro per battersi duramente per questa forma di tutela. Peccato, però, che in Parlamento le cose siano andate per il verso sbagliato: niente quote rosa, niente tutela, niente seggi prestabiliti per le donne. Se ce la fanno, fanno da sole.
E pensare che la rappresentanza "rosa" in Parlamento ha lottato fino alla fine. Al punto di portare il nostro Presidente della Camera a dichiarare che "la preoccupazione è che questa legge elettorale non ci faccia fare un passo in avanti ma anzi c'è il rischio che ci faccia fare un passo indietro e questo sarebbe davvero un paradosso". E ancora: "E allora io mi sento di fare un appello a tutte le forze politiche, a tutti i deputati e le deputate affinché facciano in modo che non si ritorni indietro e che venga riconosciuta alle donne la possibilità di essere candidate in posizione eleggibile".
"Ce lo dice la Costituzione - ha spiegato ancora - e quindi non è solamente una questione sociale, che già sarebbe abbastanza, ma ci sono due articoli della Costituzione, il 3 e 51, che parlano di parità e la parità passa anche per una legge elettorale che tenga presente questo aspetto. Io credo che noi dovremmo considerare questa una grande opportunità, non vorrei si trasformasse in una occasione persa".
E bè non parliamo mica di noccioline. Parliamo di numeri, anzi di una tutela che passa dal riconoscimento di un numero al fine di ottenere un seggio. Che spetta solo perché si è donna, perché, scientificamente, si ha un determinato cromosoma al posto di un altro.
E vista l'importanza della tutela era giusto che il Parlamento ci si soffermasse tralasciando altre tematiche, di certo meno importanti.
Forse chi si batteva per assegnare il colore alle quote non sa, o ha fatto finta di non sapere che, secondo un "semplice esercizio" fatto da Confindustria circa un anno fa è emerso che qualora si realizzasse un allineamento del tasso di occupazione di uomini e donne in Italia al livello del 66,7% (quello femminile è fermo al 47,4%) il Pil verrebbe incrementato di circa 13,6 punti percentuali.
Potrebbe sembrare un'utopia ma in numerosi paesi industrializzati questo allineamento è la norma.
Bè siamo avanguardisti mica perfetti. Ma 13,6 punti percentuali di Pil non sono mica pochi (e di sicuro, almeno questi, non sono noccioline).
Nell'approfondimento tematico dedicato all'occupazione femminile gli analisti economici di Confindustria hanno valutato tutti i fattori di contesto che determinano un più basso livello occupazionale femminile in Italia. A partire dai servizi pubblici come gli asili nido, la cui distribuzione geografica è, guarda caso, parallela a quella delle percentuali di occupazione delle donne. Nelle regioni del Nord, dove sono molto maggiori le percentuali di amministrazioni comunali che garantiscono più asili nido e strutture di accoglienza per la prima infanzia, l'occupazione rosa supera il 56%. Nel Mezzogiorno e nelle isole maggiori, dove gli asili invece scarseggiano, non si arriva al 31%. Va da sé che la strada da battere per aumentare l'occupazione delle donne è esattamente quella dei servizi all'infanzia e della politiche di conciliazione famiglia-lavoro. Un mix di policy nazionali e locali che, è la conclusione degli analisti, rappresenterebbe un sicuro investimento per tutto il Paese.
Più donne al lavoro non è solo una questione di equità, insomma.
Ma non possiamo mica pensare agli asili se pensiamo alla legge elettorale. Né tantomeno se dobbiamo discutere su quanti seggi spettano ai cromosomi X.
Per fortuna, tuttavia, oltre la politica italiana ci sono le italiane. Quelle vere. Quelle vere che al posto di battersi per inutili tutele mantengono alti i nostri colori (non che il nostro Paese le abbia tanto aiutate a farlo, anzi).
Come Fabiola Gianotti. Romana di 52 anni e milanese di formazione che dal 1° gennaio 2016 sarà la prima donna ad assumere il ruolo di direttore generale del CERN di Ginevra da dove, il 4 luglio 2012, con l'incarico di coordinatrice dell'esperimento Atlas, ebbe l'onore di annunciare la scoperta del bosone di Higgs, l'enigmatica particella che conferisce la massa a tutte le altre e che per quasi mezzo secolo era sfuggita ai fisici sperimentali.
La verità rimane sempre la stessa: saper fare bene il proprio lavoro, impegnarsi in questo senso ogni giorno, può valere, anzi vale molto di più di qualsiasi "quota" precostituita (... magari un giorno sentiremo il bisogno di inventare anche quelle blu).

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