SUCCEDE DI BELLO CHE…

Scritto da Super User.

Questa rubrica trae origine da un presupposto scontato e forse banale: pensare che dietro i ritmi frenetici delle nostre attività lavorative ci siano, prima che professionisti, persone. 

Quindi può far piacere ricordarsi, per un solo momento, questa piccola verità, giusto cinque minuti di svago in cui cercheremo di condividere con voi quello che, appunto, succede di bello. 

10 01E se la crisi ce l'avessimo dentro?
Crisi? Quale crisi? Che tipo di crisi?
La sentiamo nominare così tante volte al giorno che è da considerarsi una parola più che inflazionata, stuprata, abusata, annullata.
Tant'è che per noi crisi significa crisi economica, crisi dell'Italia, crisi politica, bla bla bla.
Ma dubito che la mia domanda potesse essere "E se la crisi economica ce l'avessimo dentro?".
Si tratta di un'altra crisi, un altro deterioramento.
Si tratta della crisi dei sogni.
(Ci sono arrivata dopo una seduta di psicoanalisi, un cappuccino ed un cornetto alla crema...grande, non mignon).
La domanda continua a rimbalzarmi in testa a braccetto con tutto ciò che comporta ed i pensieri che scatena, e sento il bisogno di sentir parlare di sogni. Di qualcuno che la crisi dentro non ce l'ha.
E così inizio a cercarlo quel qualcuno. Si chiama Taylor.
"La nuova pop star inventata per gioco".
Per Taylor tutto è nato per scherzo, una sera, mentre guardava i video musicali del momento, in TV, sempre pieni di ragazze nude e testi che parlano solo di sesso e soldi, soldi e sesso.
Ha preso carta e matita ed ha iniziato a scarabocchiarci su.
Dagli scarabocchi nasce Catherine Bennett, la nuova pop star che punta a scalare le classifiche inglesi in camicetta castigata, gonna alle caviglie ed occhiali da nerd.
Una bionda acqua e sapone quasi in versione Bridget Jones per fare la parodia al modello Rihanna tutto frustini e lap dance.
Qual è la bella notizia? Si chiama Taylor Houchen la creatrice di tutto ciò ed ha nove anni ... NOVE!
Il progetto, frutto della sua fantasia, sta diventando realtà con il primo video prodotto dal titolo Apathy che gira in rete, grazie all'intervento di veri produttori musicali che hanno contribuito a dargli forma.
Ha deciso tutto lei: il nome d'arte, l'aspetto, il profilo Facebook, testi e musiche del primo pezzo di Catherine Bennett.
Che aspetto avrebbe avuto? Che musica avrebbe fatto? E di che cosa avrebbe parlato? Tutto lei.
Infatti le sue canzoni parlano di quello che le piace e in cui crede, dagli orsi polari ai viaggi spaziali.
È riuscita a fare esibire Bryony Kimmings, zia di Taylor che veste i panni di Catherine Bennettk, al Yoko Ono's Meltdown South Bank Festival e ad ottenere una tournée nelle scuole di Cambridge dove vive.
Il progetto ha riscosso molto successo nel settore educativo, ma anche a livello politico, infatti il deputato di Cambridge Julian Huppert, riassume tutto così: «Questo è un eccellente progetto per cambiare il modo in cui i nostri bambini guardano il mondo».
Pensa...iniziando da un disegno con i pastelli colorati magari su un foglio troppo piccolo per le sue idee, e chissà colorando con i pastelli anche il tavolo della cucina della mamma, Taylor vede realizzare il suo sogno. Vede la sua pop star così come la voleva, che canta i suoi pensieri con un'altra voce, vestita da lei, creata da lei.
L'immaginazione che per i bambini rappresenta il 90% dei pensieri giornalieri, come è stato per noi, che li fa crescere, modella la loro curiosità, i loro interessi, spesso per gli adulti è solo un gioco. Quante volte questi stessi adulti hanno detto "Non è il momento di giocare"? Se solo sapessimo che quella stessa frase per un bambino significa "Non è il momento di sognare" forse non lo permetteremmo più. E se lo avessero detto anche a Taylor?
Tutti sognavamo da piccoli, mentre giocavamo a Gira la moda eravamo i nuovi Armani, mentre costruivamo castelli con i Lego i nuovi Renzo Piano, in tv c'era Il mio nome è Jem ed eravamo Marco Masini (ognuno ha i suoi sogni!).
Poi siamo cresciuti ad abbiamo creduto alla storiella che i sogni si mettono nel cassetto così non si sciupano.
Ed ecco la crisi dei sogni.
Non è che non siamo più in grado di sognare, ma con le negatività che assorbiamo ogni giorno, che ci vengono sparate contro neanche fossimo ad un corso di addestramento pronti per la chiamata alle armi, ci sentiamo in colpa quando chiudiamo un attimo gli occhi per sognare.
Ci sentiamo in colpa perché ci sentiamo dire "Non è il momento dei sogni. È il momento dei sacrifici!". E così li accantoniamo e lo sguardo torna a fissare le scarpe e non più le stelle.
Eppure lo facciamo tutti i giorni, così ... inconsapevolmente ad occhi aperti, ad occhi chiusi. Quando ci troviamo imbambolati con gli occhi fissi verso il soffitto, quando fissiamo un pensiero, oppure incantati a guardare fuori dal finestrino del tram, o dalla finestra dello studio e siamo altrove per un tempo che ci sembra un'eternità ed invece gli studi dicono che sono in media solo 14 secondi.
In quei 14 secondi siamo forti, senza paure, siamo quell'"io" che ci piace tanto, senza stress ed ansie. Sognando abbiamo la forza di arrotolarci le maniche per costruire il futuro, comprare i mattoni, sporcarci di calce dal naso agli alluci, la forza di toccare ogni negatività e trasformarla in oro, il nostro oro.
Ed allora perché abbiamo smesso? Perché abbiamo smesso di farlo consapevolmente se ci fa stare così bene sognare?
E' il momento di smettere di abusare delle scuse. Di combattere la paura e di ritornare a sognare. Di rialzare l'asticella di quei sogni che abbiamo spogliato. Di sentire di nuovo il sangue che scorre e quasi brucia quando chiudiamo gli occhi e viaggiamo.

"Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo. Alcune ci riportano indietro, e si chiamano ricordi. Alcune ci portano avanti, e si chiamano sogni." J. Irons

 

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