LA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE E LA FIGURA DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Scritto da Super User.

09 01La mediazione trova la sua origine nella cultura anglosassone e americana dove da sempre si fa ricorso a metodi "alternativi rispetto al processo ordinario" (in inglese conosciuti con l'acronimo A.D.R. "alternative dispute resolution").
In Italia la definizione di mediazione, anche se non molto pertinente alla mediazione a livello internazionale, si evince dal cod. civile all'art. 1754 e segg. che stabilisce: "E' mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza".
I metodi alternativi A.D.R. prendono forma in Italia negli anni '70 con riferimento alle controversie in materia di lavoro e, pian piano, attraverso un evoluzione legislativa, si rivolgono anche ad altri soggetti come gli imprenditori ed i consumatori ed altri settori: turismo, comunicazioni ecc.
Ma la svolta decisiva in tema di conciliazione avviene con il D.Lgs. n. 28/2010, che ha sancito l'obbligatorietà della mediazione in alcune specifiche materie. Tale svolta è dettata da esigenze sorte a causa delle lungaggini dei procedimenti giudiziali ed all'adeguamento ad una direttiva europea del 2008 che sollecitava gli Stati Membri ad adottare la mediazione civile e commerciale con "L'obiettivo di garantire un migliore accesso alla giustizia".
Tutto ciò faceva parte della politica dell'Unione Europea, che individuava nella conciliazione uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui comprendere l'accesso ai metodi giudiziali ed extragiudiziali di risoluzione delle controversie. Tale istituto doveva rappresentare una metodologia di risoluzione estragiudiziale conveniente e rapida, grazie all'attivazione di procedure concepite in base alle esigenze delle parti. Infatti lo studio approfondito delle controversie e dai grandi esempi presenti nella nostra storia aveva portato ad affermare che gli accordi risultanti dalla mediazione avevano avuto maggiori probabilità di essere rispettati, perché, essendo l'espressione di una manifestazione volontaria, proteggevano più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti, cosa di non poca importanza sopratutto nei rapporti commerciali. Tale convenienza assume maggiore valore nelle situazioni con elementi di portata transfrontaliera.
Il suddetto decreto non è stato di facile applicazione sia per il mal contento che aveva suscitato nell'Avvocatura, sia per le anomalie riscontrate nel procedimento legislativo. Tutto ciò ha richiesto l'intervento della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 272/2012 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 28/2010, per eccesso di delega legislativa.
Queste avverse vicende hanno portato ad un'interruzione delle diverse disposizioni del D.Lgs n. 28 del marzo 2010 in primis e delle norme relative alla mediazione c.d. "obbligatoria" che ne costituivano indubbiamente la parte essenziale.
A partire da tale sentenza, e fino all'estate 2013, sebbene a rigore la pronuncia della Consulta non avesse cancellato la possibilità di utilizzare lo strumento in esame per risolvere in via stragiudiziale le diverse vertenze in materia civile e commerciale, la procedura di mediazione è stata in un certo senso messa da parte. Infatti si è assistito alla riduzione del numero dei procedimenti, che ha costretto molti organismi di mediazione a cessare l'attività in quanto non riuscivano più a coprire le spese vive.
Con il D.L. 21.06.2013, n. 69 (cosiddetto "Decreto del Fare" convertito dalla Legge n. 98 del 9.08.2013, in G.U. n. 194 del 20.08.2013), il legislatore è tornato ad occuparsi della delicata obbligatorietà della procedura di mediazione, prevedendola per la maggior parte delle materie già indicate nel D.Lgs. n. 28/2010 ed introducendo alcune rilevanti modifiche procedurali e sostanziali che vanno ad incidere profondamente sull'impianto normativo originario, cercando di sottolinearne benefici ed utilità connessi all'utilizzo della mediazione.
Il Governo ha quindi inteso reintrodurre l'istituto attraverso un decreto legge e la relativa legge di conversione per "sanare" l'eccesso di delega sollevato dalla Corte Costituzionale. L'obbligo sarà vigente per quattro anni con un'analisi dei dati alla scadenza del biennio, quando il Ministero della Giustizia dovrà esaminarne i risultati e le criticità emerse.
Analizzandone i singoli aspetti, oltre alla reintroduzione della obbligatorietà della mediazione come condizione di procedibilità della domanda per tutte le materie già previste nella formulazione originaria del D.Lgs. 28/2010 (tra cui condominio, diritti reali, divisione, successioni, patti di famiglia, locazione, comodato, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, etc....), eccezion fatta per le controversie relative al risarcimento del danno da circolazione stradale, sono state introdotte delle novità significative che meritano un approfondimento.
Tra queste novità viene messo in rilievo il ruolo degli Avvocati, che sono di diritto mediatori, salvo poi dover essere provvisti di un'adeguata formazione (di base e di aggiornamento) in materia di mediazione, per poter iscriversi agli organismi di mediazione.
Il ruolo degli Avvocati viene considerato di particolare importanza grazie all'inserimento nel procedimento dell'obbligatorietà dell'assistenza legale e della sottoscrizione del verbale di accordo anche da parte degli Avvocati ai fini dell'omologabilità ed esecutività di quest'ultimo. Tale previsione ha fatto sorgere dubbi e criticità.
La prima perplessità è relativa al fatto se l'assistenza legale obbligatoria debba intendersi necessaria sin dalla presentazione della domanda (dunque con la sottoscrizione da parte dell'Avvocato dell'istanza introduttiva) o meno. L'orientamento prevalente opta per la possibilità di introdurre la domanda di mediazione sottoscritta anche solo dalla parte. Ulteriore perplessità riguarda il titolo esecutivo immediato: la modifica legislativa si limita a stabilire che, per valere come titolo esecutivo (per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, per l'iscrizione di ipoteca, etc..), il verbale di accordo debba essere sottoscritto anche dagli Avvocati (che attestano e certificano, altresì, la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico), nulla prevedendo sulla eventuale apposizione della formula esecutiva. Sul punto alcuni interventi hanno rinviato al codice di rito, il quale all'art. 475, 1° comma, c.p.c. stabilisce che l'apposizione della formula esecutiva è requisito di validità del titolo per l'esecuzione forzata per "le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale".
In effetti questo dato normativo pone molti interrogativi in quanto non prevede espressamente, tra gli atti che contempla, il verbale di media conciliazione. Il problema, quindi, rimane irrisolto.
Una importante novità è stata prevista in riferimento alla durata: è stata prevista una riduzione da quattro a tre mesi. Tale previsione rende l'istituto della mediazione un ottimo strumento che tende a compensare i tempi lunghissimi della Giustizia italiana sovraccarica di controversie che in alcuni casi non necessitano più neanche di risoluzioni.
Altra importante novità è rappresentata dalla previsione dell'obbligatorietà per volontà del Giudice. Nella normativa previgente il Giudice aveva la possibilità di invitare le parte ad effettuare un tentativo di conciliazione. Con la riforma de quo il Giudice, anche in sede di appello, non si limiterà ad un invito, ma avrà la possibilità di disporre che le parti si rivolgano ad un Organismo di mediazione per l'espletamento del tentativo. L'assolvimento di tale disposizione diviene condizione di procedibilità dell'azione anche in sede di appello.
Infine, non di minore importanza, vi è la previsione dell'economicità del procedimento. Questa economicità è stata prevista in un duplice aspetto: sia attraverso il sostanziale azzeramento dei costi di mediazione (salvo le spese di avvio del procedimento che si aggirano intorno ad € 40,00 + iva, oltre alle spese di notifica) nel caso di arresto del procedimento nella fase iniziale (introdotta dal 'Decreto del Fare' per consentire un maggior ricorso all'istituto della mediazione e contemporaneamente per assolvere al requisito di procedibilità nelle materie obbligatorie); sia con l'introduzione della gratuità del procedimento di mediazione per chi versa nelle condizioni di ammissibilità al gratuito patrocinio. Ma tale novità entra in contrasto con l'obbligatorietà della difesa tecnica. Più specificatamente il non abbiente non pagherà le spese del procedimento di mediazione ma dovrà munirsi necessariamente di un difensore, sopportando il costo del relativo compenso, non essendo, infatti, prevista a livello legislativo la possibilità di accedere al gratuito patrocinio per la difesa tecnica. La questione, dunque, pone non pochi dubbi di costituzionalità sul punto della norma.
Viene, inoltre, introdotta la norma per cui le parti possono presentare istanza solo presso organismi di mediazione presenti nel luogo del giudice territorialmente competente per l'eventuale causa. Questa, in realtà, è però una restrizione alla facoltà di poter mediare "senza limitazioni territoriali" prevista originariamente dal legislatore nel 2008; norma che, nella sua ratio, voleva essere di favore al taglio dei costi e delle spese di viaggio per le parti aderenti alla mediazione.
Nonostante le numerose criticità delle modifiche apportate alla normativa, la mediazione resta comunque uno strumento molto importante per la risoluzione delle controversie. E' evidente che sistemi che, come il nostro, contemplano un istituto come quello del «filtro» in appello, dimostrano di non facilitare un approccio al mondo della giustizia, ma di comprimere sempre maggiormente il diritto riconosciuto dall'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.
E' chiaro, quindi, che, in un contesto come questo, il procedimento di mediazione si pone come strumento particolarmente efficace, se si considera, peraltro, che lo stesso, grazie alla recente riforma, diventerà ancora più economico, con la previsione di un incontro preparatore i cui costi sono estremamente ridotti, che sembra essere perfettamente in linea con gli orientamenti espressi dalla Corte di Giustizia (sentenza del 18 marzo 2010, cause riunite C-317/08, 318/08, 319/08, 320/08). In virtù di ciò è importante che tutti gli Ordini professionali e le Associazioni di categoria promuovano questo importante strumento. Certo non sarà facile, ci vorrà ancora un pò per sciogliere i numerosi dubbi interpretativi, e forse sarebbero opportune alcune modifiche ed integrazioni.
Si tratta, comunque, di uno strumento che può portate enormi benefici anche a livello economico europeo ed internazionale. Infatti è noto a tutti che il nostro sistema giudiziario è molto lento, inibendo le varie compagnie internazionali a creare impresa e lavoro in Italia.
Non di poco conto nel contesto conciliativo è la figura del Consulente del Lavoro.
Con la circolare n. 11 del 28.09.2010 la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha esaminato la disciplina del d.lgs. 28/2010, inerente la promozione dell'attività di mediazione delle controversie civili e commerciali.. La professionalità del Consulente del Lavoro è proiettata verso un atteggiamento di tipo mediatorio e la professione ci vede impegnati in prima linea nella ricerca di soluzioni conciliative, nella gestione dei fatti ordinari, e quindi fondamentalmente nella mediazione tra il datore ed il lavoratore, che non sono necessariamente inconciliabili od opposte ma neanche sempre convergenti, soprattutto di fronte ad un quadro normativo particolarmente rigido. Nei campi in cui opera il Consulente del Lavoro come la gestione, selezione e motivazione delle risorse umane, la contrattazione e concertazione aziendale, le relazioni industriali, è necessaria maggiormente una prospettiva di mediazione, essendo ambiti in cui il C.d.L. si muove, con sensibilità, tenendo in considerazione tutti i punti di vista, ed in particolare il c.d. "fattore umano". Il nostro Ordine provinciale il 19 novembre u.s., seguendo anche le direttive del Consiglio Nazionale dell'Ordine, ha accolto la divulgazione delle nuove attività ed organizzato un convegno i cui temi sono stati la mediazione civile e commerciale e le opportunità che da tale istituto può cogliere la nostra professione.
Sotto tale profilo ci si è trovati tutti concordi nell'affermare che una formazione aggiuntiva del Consulente del Lavoro come mediatore offrirebbe alla attività di conciliazione civile il perfezionamento di una figura professionale qualificata, già abituata a lavorare a tutto campo su problemi di individui, piccole e medie aziende, lavoratori autonomi, professionisti, famiglie, disoccupati, portatori di handicap. Tra l'altro con tale formazione relazionale il C.d.L. acquisirebbe ulteriori competenze ed abilità utili in tanti aspetti della propria professione.
In ogni caso il Consulente del Lavoro può essere a pieno titolo iscritto fra quei promotori della cultura della mediazione e delle buone prassi, ed il nostro Ordine professionale non può che essere proiettato a sensibilizzare e promuovere questo approccio, che, seppur presentando ancora delle criticità, può essere un importante, utile, veloce ed economico strumento di risoluzione delle controversie.

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