IL LAVORO A CHIAMATA DAL R.D. 2657/1923 ALLA LEGGE DI CONVERSIONE N. 99 DEL 2013

Scritto da Super User.

Non vi è pace per i contratti di lavoro a chiamata, la loro vita normativa ha avuto come la loro stessa peculiarità una caratteristica di intermittenza. Più volte vi sono stati interventi normativi atti ad incentivare/disincentivare, regolare/regolarizzare il loro operato.
Al fine di capire le novità introdotte dal D.L. 28.6.2013, n. 76, conv. in L. 9.8.2013, n. 99 partiamo dal dire cosa non è cambiato, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso a tempo determinato o indeterminato in relazione alle esigenze lavorative individuate dai contratti collettivi, in caso di assenza di una specifica disciplina contrattuale le necessità lavorative per le quali è applicabile il contratto di lavoro a chiamata sono previste del D.M. 23.10.2004 con rimando alla tabella delle attività contenuta nel noto regio decreto 2657/1923.
Esiste inoltre un criterio soggettivo per l'individuazione dei lavoratori per i quali è possibile stipulare tale fattispecie contrattuale.
Il criterio soggettivo prevede che il contratto di Job on Call possa essere stipulato con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno (fino a 24 anni e 364 giorni - Min. lav., circ. 18.7.2012, n. 18) di età;
La conversione del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, avvenuta con la legge 9 agosto 2013, n. 99, ha introdotto diverse novità: la prima riguarda l'introduzione di un limite massimo di prestazione resa dal singolo lavoratore presso lo stesso datore.
Il tetto massimo introdotto è pari a 400 giornate di "effettivo lavoro" nell'arco di 3 anni solari consecutivi, tale limite diviene operativo per le prestazioni effettuate a partire dalla data del 29 giugno 2013, occorre però precisare che tale limite non si applica per le prestazioni rese nel settore del turismo e dello spettacolo, settori esclusi in sede di conversione della legge.
In caso di superamento di tale limite massimo il contratto di lavoro intermittente viene automaticamente trasformato in un normale contratto di lavoro a tempo pieno.
Occorre far notare che il triennio di riferimento sul quale verificare tale limite è mobile, il datore di lavoro dovrà quindi controllare all'atto della chiamata di non aver, nei 1.095 giorni di calendario precedenti, superato il limite delle 400 giornate di effettiva prestazione. Calcolatrice alla mano possiamo dire che la prestazione lavorativa è pari al 36,53% del periodo preso a riferimento. Come giorni di effettivo lavoro devono essere conteggiati tutti i giorni nei quali vi è anche solo un'ora di prestazione.9 01
La norma è inoltre intervenuta anche per ciò che concerne i "vecchi" contratti di lavoro intermittente, ovvero quelli stipulati prima del 18 luglio 2012 non compatibili con i limiti oggettivi e soggettivi imposti, prorogando la vigenza di tali contratti sino al 01 gennaio 2014. Il ministero ha precisato che per tali contratti occorre comunque effettuare la comunicazione di cessazione, ma tali cessazioni sono esonerate dal versamento del contributo di licenziamento per il finanziamento dell'Aspi regolato dalla legge 92/2012, tale risoluzione del contratto non trova però al momento corrispondenza nelle motivazioni di cessazione presenti in uniemens, si attende perciò da parte dell'Inps un intervento in merito.
Un vicenda, quella del Job on call, come detto in principio, fatto di continui interventi normativi e di precisazioni, tra le quali sottolineo per ultima la risposta all'interpello effettuato dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro (Int. 26/2013) in merito alla ricomprensione degli addetti all'inventario nell'elenco del Regio decreto. Attendiamo quindi le prossime evoluzioni...

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