LA NOZIONE DI “INCREMENTO OCCUPAZIONALE NETTO” ALLA LUCE DELL’INTERPELLO N. 34 DEL 2014

Scritto da Fabiola Fregola.

Nonostante i nostri predecessori latini ci abbiano insegnato che "in claris non fit interpretatio" talvolta è opportuno soffermarsi e precisare nozioni che, benché potenzialmente chiare ab origine, sono state oggetto di interpretazioni erronee da parte di coloro che sono chiamati, sulla base dei rispettivi ruoli, ad applicarle e interpretarle a loro volta.02
È il caso della nozione di "incremento occupazionale netto" oggetto dell'interpello n. 34/2014 del Ministero del Lavoro.
Sul punto il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro aveva problematizzato il Dicastero chiedendo di sapere "se in tutte le ipotesi di concessione di benefici previsti dalla legislazione nazionale, ai fini della maturazione del diritto, l'incremento occupazionale dei 12 mesi successivi all'assunzione agevolata possa essere verificata, tenendo in considerazione l'effettiva forza occupazionale media al termine del periodo dei 12 mesi, e non la forza lavoro stimata al momento dell'assunzione".
Ai fini del riscontro al superiore quesito il Dicastero, preliminarmente, sottolinea che l'incremento occupazionale netto costituisce condizione necessaria ai fini della fruizione di sgravi contributivi per le nuove assunzioni all'uopo indicando l'art. 4, commi 8-11, della L. n. 92/2012 e l'art. 1, comma 3, D.L. n. 76/2013, convertito dalla L. n. 99/2013.
Tuttavia, unica disciplina dirimente nel settore dell'applicazione degli sgravi contributivi è, senza dubbio, quella di fonte comunitaria in una alle interpretazioni fornite dalla Corte di Giustizia e, in particolare, il punto 17 degli Orientamenti in materia di aiuti all'occupazione secondo il quale "per creazione di posti di lavoro deve intendersi creazione netta, vale a dire comportante almeno un posto supplementare rispetto all'organico (calcolato come media su un certo periodo) dell'impresa in questione".
Relativamente al calcolo dei numeri di dipendenti occupati, secondo la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle piccole e medie imprese, lo stesso "è calcolato in unità di lavoro-anno (ULA) ed è pari al numero di dipendenti a tempo pieno durante un anno, conteggiando il lavoro a tempo parziale o il lavoro stagionale come frazioni di ULA".
Ma è stata la giurisprudenza della Corte di Giustizia a risolvere i dubbi interpretativi, sorti in merito alla verifica dell'effettivo aumento dei posti di lavoro, con la sentenza del 2 aprile 2009, relativa al procedimento n. C 415/07, che ha espressamente stabilito che "gli Orientamenti in materia di aiuti a favore dell'occupazione devono essere interpretati, per quanto attiene alla verifica della sussistenza di un aumento del numero di posti di lavoro, nel senso che si deve porre a raffronto il numero medio di ULA dell'anno precedente all'assunzione con il numero medio di ULA dell'anno successivo all'assunzione".
La citata sentenza, se posta a confronto con le indicazioni fornite dalla circolare Inps n. 131 del 2013, costituisce, senza dubbio, un cambio di prospettiva di non poco conto.
Invero, infatti, la circolare citata, indicava, quale criterio per addivenire al calcolo dell'incremento occupazionale, un calcolo "preventivo". Più precisamente, l'azienda che voleva procedere all'assunzione agevolata, sulla base dei dati in suo possesso al momento dell'assunzione, doveva, aprioristicamente, stimare l'occupazione dei dodici mesi successivi alla detta assunzione.
Recitava infatti la citata circolare "l'incentivo spetta a condizione che l'assunzione (...) determini un incremento netto dell'occupazione rispetto alla media dei lavoratori occupati nell'anno precedente l'assunzione stessa (...); è altresì necessario che tale incremento sia mantenuto (anche per un valore differenziale diverso dall'originario) per ogni mese di calendario di vigenza dell'incentivo".
Tuttavia, il detto sistema poteva comportare inconvenienti non di poco conto se si considera che, ad esempio, nel caso di vigenza di un contratto a termine di 7 mesi, successivamente trasformato a tempo indeterminato, l'azienda avrebbe dovuto, sempre in via preventiva ai fini del calcolo Ula, tenere conto solo dei sette mesi e non dell'effettivo incremento occupazionale determinato dalla trasformazione a tempo indeterminato.
L'interpello n. 34, di contro, richiamando il principio espresso dalla sentenza della Corte di Giustizia sopra citata ripristina la corretta chiave di lettura per il calcolo dell'incremento occupazionale utile alla fruizione dei benefici contributivi e, per l'effetto, l'impresa dovrà verificare l'effettiva forza lavoro presente nei 12 mesi successivi l'assunzione agevolata e non dovrà procedere alla presunta stima dell'occupazione post assunzione.
Pertanto, l'azienda potrà, godere dei benefici sin dal momento dell'assunzione, qualora dal calcolo stimato della forza occupazionale dei 12 mesi successivi emerga un incremento, salvo verificare la legittimità del beneficio al termine del periodo stesso atteso che i benefici si consolideranno solo se all'esito della verifica l'incremento si sia effettivamente realizzato.
L'azienda, tuttavia, potrà, altresì, decidere di godere dei benefici solo al termine dei 12 mesi, qualora la stessa verifichi, solo in quel momento, che l'incremento occupazionale si è effettivamente realizzato.
In conclusione, richiamando testualmente quanto chiarito con l'interpello n. 34, "qualora al termine dell'anno successivo all'assunzione si riscontri un incremento occupazionale netto in termini di ULA, l'incentivo va riconosciuto per l'intero periodo previsto e le quote mensili eventualmente già godute si "consolidano"; in caso contrario, l'incentivo non può essere riconosciuto e occorre procedere al recupero di tutte le quote di incentivo eventualmente già godute".

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