LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO, DALLE ORIGINI AI NOSTRI TEMPI

Scritto da Armando Cerrato.

03 01Cari colleghi

Ho accolto con passione l'invito dei colleghi Saverio Nicco, Gian Luca Cocco e Gianluigi Russo quando mi hanno contattato per la ripartenza della newsletter soprattutto, osservando l'entusiasmo con cui proponevano a tutti i colleghi di partecipare alla realizzazione di articoli per far rinascere l'appuntamento bimestrale.

Visto la mia esperienza professionale (ormai più che ventennale) in un campo particolare che è quello della sicurezza del lavoro, si è pensato di far nascere uno spazio dedicato ai temi di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro, finalizzato alla condivisione di informazioni ed esperienze maturate e alla riflessione su tematiche che possono essere di particolare interesse ai colleghi favorendo la circolazione di informazioni utili per lo svolgimento delle nostre quotidiane attività professionali.

Obiettivo principale di questa "rubrica" è dare notizie e "pillole" in materia di sicurezza del lavoro, con parole semplici, per renderla comprensibile a tutti e fornire, quindi, elementi conoscitivi per fare in modo che i colleghi nel corso del tempo possano avere maggiori informazioni per orientarsi in questo difficile mondo di burocrazia e leggi che è oggi la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per questo motivo sono felice di mettere a disposizione la mia esperienza in questo campo; Inoltre i colleghi che hanno dubbi su questa complicata materia possono formulare eventuali quesiti a cui sarò ben lieto di dare una risposta.

Come ben sapete, la sicurezza sui luoghi di lavoro è un argomento che da molto tempo è all'attenzione del nostro Paese. Gli incidenti sui luoghi di lavoro sono eventi che risultano inammissibili per un Paese che dispone di cultura, condizioni e tecnologie tali da posizionarlo fra le principali realtà economiche del mondo.
Molte sono state e sono le leggi intraprese a più mani per controllare ed abbattere i fenomeni infortunistici intervenendo nel regolamentare i fattori che condizionano la sicurezza.
La questione legata alle morti sui luoghi di lavoro emerge in tutta la sua drammaticità sin dalla nascita del Regno d'Italia.
Dai primi regi decreti di inizio XX secolo, all'avvento della grande industria con la formazione del capitalismo, la triste piaga degli infortuni sul lavoro in crescita esponenziale, inizia a delinearsi in quel complesso di fenomeni politico-economici individuati nell'espressione "questione sociale".

Dopo le terribili 2 guerre mondiali, i pubblici poteri, intanto, cominciano ad avvertire l'urgenza di qualche intervento per assicurare più umane condizioni di lavoro. Lo Stato, dalla sua posizione di iniziale indifferenza si avvia verso una tutela del contraente più debole del rapporto di lavoro.
Il Legislatore repubblicano mette pertanto mano alla realizzazione di un "corpus" normativo prevenzionale, i cui principi basilari, tuttora validi con riguardo alla protezione tecnologica delle macchine e delle attrezzature, sono stati trasferiti nel recente Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro.
Il primo sistema di sicurezza organico globale viene tracciato nei primi anni 90 dalle direttive dell' Unione Europea, e viene trasposto nel nostro ordinamento nazionale con il famigerato Decreto Legislativo 626 del 1994.

Negli anni successivi visto il panorama normativo ormai disomogeneo, non organizzato e vastissimo, l'intero sistema normativo presente in Italia– con alcune eccezioni- viene adeguato recependo nel D.Lgs.81/2008 (cosiddetto Testo Unico anche se formalmente tale non è, ma che indubbiamente ricomprende tutti i principi fondamentali della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori) gran parte delle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro esistenti nel nostro Paese.

A onor del vero bisogna però aggiungere che a tutt'oggi il complessivo disegno regolativo del D.lgs. 81/2008 attende ancora non pochi interventi di completamento, sia mediante una decretazione ministeriale combinata con i pareri delle Regioni, data la competenza concorrente in materia prevista dall'art. 117 Cost., sia tramite accordi da adottare sempre in sede di confronto tra Stato e Regioni a conferma del principio di "collaborazione" più volte caldeggiato dalla Corte costituzionale.
Insomma, in non poche sue parti strategiche il D.lgs. n. 81/2008 è ancora oggi una sorta di "work in progress" in attesa di rifiniture. D'altro canto, non si deve trascurare che la giurisprudenza di merito, come sempre in Italia, è chiamata a fornire i percorsi interpretativi di tutta questa complessa materia.

Ovviamente, dati i limiti giornalistici di questi interventi e l'ampia varietà di questioni toccate dal decreto, la mia analisi avrà un carattere rapsodico, un insieme di spunti, anche diversi tra di loro per ritmo ed intensità, senza alcuna pretesa di un'impossibile completezza, ma tendenti in qualche misura ad offrire qualche piccolo chiarimento su una materia di così complessa comprensione.

Prima di iniziare a soffermare l'attenzione su alcuni punti qualificanti del decreto, è opportuno ricordare i principali motivi del rinnovato interesse per il tema della salute e sicurezza dei lavoratori, il che significa enunciare le ragioni che stanno alla base della riforma generata con lo stesso D.Lgs. n. 81/2008.
Il primo motivo è costituito dall'intollerabile perdurare non solo degli infortuni di cui tutti parlano, ma anche delle malattie professionali di cui invece quasi nessuno parla (a fronte della modernizzazione dei processi produttivi e della globalizzazione), a cui peraltro si accompagna la nascita di nuove malattie professionali dovute a nuovi rischi emergenti prodotti dalla nuove tecnologie produttive, ma anche la preoccupante riemersione di quasi scomparse malattie.

Se, oggi si accetta e si condivide ( anche per lo straordinario impatto mediatico provocato da alcuni
tragici eventi –Thyssen Krupp a Torino, Truck Center a Molfetta, per citare i più clamorosi- i quali hanno impresso una forte accelerazione allo stesso processo legislativo di riforma) il principio secondo cui la salute e la sicurezza dei lavoratori non costituisce un mero riflesso marginale all'esercizio dell'impresa e più in generale all'esercizio di attività organizzate, ma rappresenta invece una serie di elementi ineliminabili dell'organizzazione del lavoro (come emerge dai principi costituzionali di cui agli artt. 32 e 41, comma 2, Cost.), appare sempre più pressante il bisogno di chiarire quale sia il perimetro e lo spessore dell'obbligo di sicurezza che grava sui vertici aziendali già in base all'inossidabile art. 2087 c.c.. Si tratta di un problema di certezza del diritto che va risolutamente affrontato non fosse altro per fronteggiare l'inquietudine di chi deve misurarsi con l'adempimento di un obbligo dai confini non sempre cristallini.

Ed è proprio alla luce di quanto sopra citato che và letto il nuovo dettato normativo che configura, oggi come ieri, in capo ai vari soggetti dell'organizzazione aziendale le cosiddette "posizioni di garanzia", vale a dire quel carico obbligatorio che grava solo sui soggetti dotati di idonei poteri per neutralizzare i fattori offensivi generati dallo svolgimento di attività lavorative in quanto capaci di prevenire e controllare le fonti di pericolo grazie alla loro riconosciuta posizione di supremazia nell'organizzazione aziendale.

Prossima puntata: Il campo di applicazione del decreto e la figura del datore di lavoro.

postit 160

Post-it