CRITERI DI COMPUTO LAVORATORI A TEMPO DETERMINATO ED INTERPELLO 30/2013 DEL M.L.P.S

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08 01Fonti:

- D.Lgs. 06 settembre 2001, n.368
- Legge 06 agosto 2013, n.97
- Legge 20 maggio 1970, n.300
- Interpello n. 30/2013 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Il D.Lgs. 06 settembre 2001, n.368, emanato in attuazione della Direttiva 1999/70/CE, ha riformato la disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato.
Il legislatore, con l'art. 11, si è preoccupato di abrogare tutta la previgente normativa in materia, prevedendo periodi transitori sia per l'adeguamento della contrattazione collettiva che per i rapporti a termine in essere alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
Con l'art. 8 del D.Lgs. 368/2001 è stato introdotto il criterio di computo dei lavoratori a tempo determinato prevedendo che "Ai fini di cui all'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore a nove mesi.".
Con l'intervento del comma 1, art. 12, Legge 06 agosto 2013 n.97, è stato rinnovato integralmente il testo dell'art. 8, D.Lgs. 368/2001 prevedendo che, a decorrere dal 31 dicembre 2013, "I limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.".
L'art.35 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) ha un ruolo fondamentale ai fini dell'applicabilità dei diritti sindacali in quanto viene previsto, al comma 1, che gli stessi siano riconosciuti al raggiungimento di determinali livelli occupazionali "... le disposizioni del titolo III, ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti ...". Il comma 2 dispone inoltre che i livelli occupazionali possano essere calcolati su base territoriale "... si applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ...".
Per meglio comprendere la portata del Titolo III dello Statuto dei Lavoratori - Dell'Attività Sindacale – se ne elencano le materie regolate:
• costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali (RSA);
• assemblea;
• referendum;
• trasferimento dei dirigenti delle RSA;
• permessi retribuiti;
• permessi non retribuiti;
• diritto di affissione;
• contributi sindacali.

In data 19 novembre 2013 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta all'Interpello n.30/2013, si è espresso in relazione alla corretta determinazione della base di computo dei lavoratori a tempo determinato in funzione all'applicazione di determinate norme di legge.
Nello specifico Confindustria (Interpellante) chiedeva il parere della Direzione Generale del Ministero del Lavoro, sui criteri da adottare per il computo dei lavoratori a termine in relazione alle seguenti previsioni normative:
• art. 8, D.Lgs. n.368/2001 ai fini riconoscimento diritti sindacali art. 35, L. n.300/1970;
• art. 12, D.Lgs. n.25/2007 inerente la disciplina dell'informazione e consultazione dei lavoratori alla quale sono soggette le aziende che impiegano almeno 50 lavoratori;
• art. 2, comma 2, D.Lgs. n.113/2012 concernente i Comitati Aziendali Europei.
Per quanto attiene alle prime due norme la risposta del ministero è pacifica, in quanto l'art. 12, Legge n.97/2013 modifica il testo di entrambe prevedendo un criterio praticamente analogo basato "... sul numero medio mensile dei lavoratori ... ... impiegati negli ultimi due anni , sulla base dell'effettiva durata dei rapporti di lavoro.". Lo stesso art.12, comma 3, prevede che il nuovo criterio di calcolo della base occupazionale "In sede di prima applicazione ... ... è effettuato alla data del 31 dicembre 2013, con riguardo al biennio antecedente a tale data.".
In pratica il computo della base occupazionale dovrà essere effettuato sommando tutti i periodi di rapporto di lavoro a tempo determinato, svolti in favore del medesimo datore di lavoro nell'ultimo biennio. Dividendo il risultato ottenuto per 24 si otterrà il numero medio mensile di lavoratori subordinati impiegati.
Di seguito gli esempi del Ministero in relazione al calcolo ed all'arrotondamento:
Esempio 1:
• Due lavoratori occupati per 12 mesi ciascuno
• Somma totale mesi = 12 + 12 = 24
• Rapporto mesi tot/divisore = 24 : 24 = 1
• Il numero medio mensile dei lavoratori subordinati nell'arco dei 24 mesi è pari ad 1 unità
Esempio 2:
• Due lavoratori occupati di cui uno per 12 mesi e l'altro per 16 mesi
• Somma totale mesi = 12 + 16 = 28
• Rapporto mesi tot/divisore = 28 : 24 = 1,16
• Il numero medio mensile dei lavoratori subordinati nell'arco dei 24 mesi è pari ad 1 unità
Criterio di arrotondamento:
• Tra 0,01 e 0,50 per difetto
• Tra 0.51 e 0,99 per eccesso
In relazione alla disciplina dei Comitati Aziendali Europei, il comma 2, dell'art.2, DLgs. n.113/2012, prevede che "Ai fini del presente decreto, le soglie minime prescritte per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio ponderato mensile di lavoratori impiegati negli ultimi due anni ...". Le particolarità di quest'ultimo decreto rispetto ai precedenti sono la mancata distinzione tra lavoratori a termine ed a tempo indeterminato e l'inserimento della nozione di ponderazione.
Il Ministero, per eliminare ogni dubbio di carattere interpretativo, precisa che la norma si riferisce ad entrambe le tipologie contrattuali, a termine e non, allineandosi con la precedente previsione della normativa del 2007. Inoltre, per quanto concerne il calcolo della base occupazionale, chiarisce che i criteri di computo previsti dal D.Lgs. n.368/2001 e dal D.Lgs. n. 25/2007 sono applicabili anche al D.Lgs. n.113/2012 e pertanto non fa nessuna distinzione tra le tre normative richiamate dall'Interpellante.

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