LA CERTEZZA DEL DIRITTO E LA GERARCHIA DELLE FONTI: LIBERA INTERPRETAZIONE PER L’INPS

Scritto da Super User.

03 01

In Italia esiste una gerarchia delle fonti, ce l'hanno insegnato a scuola – istituto superiore o universitario che sia – i docenti, ogni manuale di diritto – di qualsiasi diritto – inizia con la solita elencazione delle fonti del diritto. Usciamo dal percorso di studi sicuri e determinati, lo sappiamo che in una scala di importanza la Costituzione è sopra la legge. Man mano che ci avviciniamo alla professione, che cominciamo a viverla appieno, che capiamo come gira davvero questo mondo, scopriamo che a latere delle fonti istituzionali del diritto, esiste un mondo fatto di diritto "circolatorio", impariamo a conviverci, talvolta a sfruttarlo, altre a rifiutarlo. Ormai fa parte del nostro DNA, ci siamo dimenticati che nostro principale dovere, quali soggetti che quotidianamente mettono in pratica il diritto nella sua più ampia accezione, è quello di basarci semplicemente su quello, tornare a riscoprire quel famoso primo capitolo di ogni manuale di diritto. Ormai siamo avvezzi a far convivere leggi e circolari, quasi ci dimentichiamo la valenza delle stesse, forse aiutati in questo errore – in primis – dagli estensori. Non di rado, infatti, la norma – per vicissitudini che qui non andremo a trattare – è lacunosa e incerta, apre scenari a volte inquietanti. In questo spazio si inseriscono le circolari, i messaggi, gli interpelli con il nobile intento di colmare passaggi normativi che, se dovessero essere riscritti, creerebbero non pochi problemi procedurali e di tempistiche. Di converso, lo stesso legislatore non interviene quando i vari istituti o enti producono quel famoso diritto "circolatorio" ampliando i propri poteri, il legislatore resta passivo davanti a tali moti e non avoca a sé quel diritto costituzionalmente riconosciuto di soggetto promulgatore di norme.
Se le fonti del diritto sono rimaste sempre quelle, i vari enti ed istituti, maggiormente svincolati dalla rigidità del diritto stesso, si muovono in modo agevole e, scusate il pensiero personale, leggero. Basti pensare, per entrare nel merito dell'argomento che andremo a trattare, come l'Inps non si accontenti più solo di legiferare tramite circolari e messaggi, ormai fonte primaria per l'Istituto sono le faq. Si avete letto bene, le Faq: Frequently asked question o, per non dimenticarci le nostre origini, le domande frequenti.
Forse ai più la cosa potrebbe essere sfuggita, come era successo allo scrivente. Per fortuna sono rinsavito e mi sono accorto di come ormai le fonti del diritto siano su una scala rovesciata. A farmi riflettere sulla cosa è stato il caso, forse perché sarò pignolo, non lo so, so solo che è successo, mi sono tolto lo sfizio di leggere le faq rilasciate dalla Direzione centrale entrate dell'Inps relative agli incentivi alle assunzioni. Già trovarle è stata un'impresa, chissà perché una fonte primaria come questa è stata nascosta in modo così meticoloso! Se vi interessa, perché so che vi interessa, vi trascrivo le istruzioni, il link no per scelta ragionata, provare a seguire le istruzioni trasmette al lettore la complessità del percorso. Chi non si è ancora stufato di leggere, può procedere ed andare sulla pagina internet dell'Istituto, cliccare su "informazioni", poi su "aziende, consulenti e professionisti", successivamente su "incentivi all'assunzione" e poi, magicamente, a fondo pagina troviamo il link al file pdf contenente le famigerate faq.
Ora che siamo caldi, che ci siamo addentrati nelle logiche, a volte forse un po' contorte, dell'Istituto, entriamo nel merito del caso che mi ha colpito. Dopo un anno dall'entrata in vigore della c.d. legge Fornero, l'Istituto emana la propria circolare sulle agevolazioni previste per l'occupazione di particolari fasce di lavoratori, in attuazione dell'articolo 4, commi da 8 a 11 della Legge n. 92/2012. Stiamo parlando della circolare n. 111 del 24.07.2013 che, con soli 7 mesi di ritardo, dirama le istruzioni per dare modo ad aziende e professionisti di applicare quello che la legge aveva previsto già nel luglio 2012. Tutti noi ci siamo messi a studiare questa circolare, a carpire ogni suo più minimo segreto, a fare continue congetture sulle varie casistiche, a cercare di capire il giusto approccio alla determinazione del famoso incremento netto dell'occupazione. Di certo l'Istituto non ci è venuto incontro relativamente all'ultimo punto. Per meglio chiarire cosa intendo, merita riportare l'evoluzione del problema riscontrato.

Circolare n. 111/2013, comma 3.3.1

La base di computo della forza aziendale per la valutazione dell’incremento occupazionale comprende le varie tipologie di lavoratori a tempo determinato e indeterminato, salvo il lavoro cosiddetto accessorio.

 

Allegato n. 3 alla circolare n. 111/2013, pagina 2

I lavoratori intermittenti, ripartiti e accessori ex d.l.vo 276/2003 non si considerano

 

Messaggio n. 12850/2013 relativo a correzioni alla circolare sopra richiamata

Non viene menzionata nessuna correzione da effettuare sul passaggio sopra richiamato.                         

 

Risposte alle Faq n. 22 e 23 del 15.11.2013

D. Nella circolare n.111/2013, al paragrafo 3.3.1, si sostiene che la base di computo della forza aziendale per la valutazione dell’incremento occupazionale comprende le varie tipologie di lavoratori a tempo determinato e indeterminato, salvo il lavoro cosiddetto accessorio, ma nello schema a) dell’allegato 3, a pag. 2, viene affermato che anche i lavoratori intermittenti e i ripartiti non vanno considerati. Come devo interpretare questa contraddizione?

R. La pagina 2 dell’allegato 3 contiene un errore: prevale quanto detto nel testo della circolare. E’, pertanto, escluso dalla base di computo solo il lavoro accessorio: i lavoratori intermittenti e ripartiti, invece, devono essere considerati nella base di computo (15.11.2013).

D. I lavoratori intermittenti incidono sul calcolo della forza media ai fini della determinazione dell’incremento occupazionale? In che modo?

R. Sì: i lavoratori intermittenti incidono sul calcolo della forza media ai fini della determinazione dell’incremento occupazionale. Per la forza media dell’anno precedente l’assunzione è corretto conteggiare i lavoratori intermittenti per i giorni di effettivo servizio prestato; per la forza media stimata per l’anno successivo l’assunzione i lavoratori intermittenti devono essere conteggiati solo per il periodo della chiamata eventualmente in corso il giorno dell'assunzione agevolata.

Esempio:

- assunzione per cui si chiede se possono spettare le agevolazioni effettuata il 01.10.2013;

- nell’anno precedente l’assunzione, Tizio ha lavorato a seguito di più chiamate per 2 mesi complessivi: Tizio vale 2/12 di ULA in fmap;

- in data 01.10.2013 Tizio non sta svolgendo alcun lavoro: Tizio vale zero; se sta svolgendo una chiamata che scade il 15 ottobre 2013, Tizio vale 0,5/12 di ULA in fm1as (15.11.2013).

Le conclusioni sono presto tratte, sicuramente merita però fare alcune riflessioni:

- Errare è umano, siamo i primi a saperlo, purtroppo è capitato a tutti. Meriterebbe però avere il coraggio delle proprie azioni, pubblicare una circolare nella quale evidenziare l'errore. La scelta di relegarne l'evidenza in una banale faq, senza darne alcuna pubblicità, rischia di portare in errore molti datori di lavoro. Infatti le letture che possono essere fatte della circolare n. 111 sono principalmente due: la circolare prevale e la discrepanza nell'allegato non deve essere presa in considerazione oppure la circolare inizia a dare una prima chiave di lettura che poi viene ulteriormente rafforzata dall'allegato, nel quale l'Istituto estende l'esclusione. La mia lettura, partendo dall'assunto che una circolare di tale portata sia stata ampiamente verificata e ponderata prima di venir pubblicata (anche alla luce dell'ampio lasso temporale intercorso tra l'entrata in vigore dell'agevolazione e l'emanazione delle istruzioni operative), portava nella direzione della seconda interpretazione, andando quindi ad escludere i lavoratori a chiamata dal computo per la determinazione della base occupazionale necessaria per determinare l'incremento. Tutt'ora l'istituto non ha rettificato ufficialmente la circolare n. 111 nel passaggio qui evidenziato;
- Per onor di cronaca, quanto esposto nell'allegato 2 già di per sé andava in contrasto con il D.Lgs. n. 276/2003 dove, all'art. 39, prevede che "Il prestatore di lavoro intermittente è computato nell'organico dell'impresa, ai fini della applicazione di normative di legge, in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre". Forse spinti da ottimismo, molti di noi hanno ipotizzato una scelta semplificatrice in capo all'Istituto che, viste le ovvie difficoltà di determinazione del valore in ULA di un lavoratore a chiamata, avrebbe escluso tale tipologia contrattuale dal computo, a beneficio dei datori di lavoro che avrebbero così più facilmente potuto operare. Ora, però, rinsaviti e ritornati sulla retta via, meriterebbe ci ricordassimo cosa ci hanno insegnato i nostri docenti, ricordarci la diversità tra una legge e una circolare. Noi non siamo funzionari dell'Istituto, non dobbiamo attenerci a quanto previsto né dalla circolare né, tanto meno, dalla Faq. Se forse siamo caduti in tentazione con l'allegato 2 abbiamo sbagliato. Meriterebbe, però, non perseverare su questa strada dando applicazione, nel nostro operare quotidiano, alla Faq del 15.11.2013. L'Istituto, nel correggere quanto evidenziato, propone un esempio errato di calcolo per la determinazione della forza media, testualmente "è corretto conteggiare i lavoratori intermittenti per i giorni di effettivo servizio prestato". Purtroppo per l'Inps ciò non è corretto, proprio in relazione alla previsione contenuta nell'art. 39 del D.Lgs. n. 276/2003. I lavoratori intermittenti vengono computati in base all'orario effettivamente svolto in ciascun semestre, un'ora di prestazione in un giorno non viene conteggiata come un giorno di lavoro che, per la maggior parte dei contratti collettivi, equivale a 8 ore. Riprendiamo l'esempio proposto: Nell'anno precedente l'assunzione Tizio lavora a seguito di più chiamate per 2 mesi complessivi. Ora aggiungiamo un po' di dati utili: la prestazione è stata resa in 6 mesi per un totale di 43 giorni nei quali ha prestato 2 ore ogni giorno per un totale di 86 ore. L'orario teorico dei sei mesi per un lavoratore full-time è pari a 1008 ore totali. Determiniamo definitivamente l'orario medio del semestre: 86/1008 = 0,08 unità, cioè 1/12 di Ula. Il risultato del calcolo proposto dalla Faq è invece pari a 2/12 (vedi box sopra). Come si vede la differenza non è di poco conto (il doppio) e comporta evidenti riduzioni nella possibilità di usufruire delle agevolazioni connesse alla determinazione dell'incremento occupazionale in analisi;
- Un ultimo, brevissimo, cenno merita di essere sollevato in relazione alle diverse interpretazioni che l'istituto propone circa la determinazione dei livelli occupazionali relativamente al job on call. Infatti, con circolare n. 17/2006, l'Istituto, ai fini della determinazione della forza aziendale da inserire nel DM10 (ormai integrato nel modello UniEmens), ricorda come "il prestatore di lavoro intermittente è computato nell'organico dell'impresa in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto in ciascun semestre". In tale sede, correttamente, non si parla di giorni di effettivo servizio prestato ma di orario di lavoro effettivamente svolto, con le conseguenti notevoli differenze che ne scaturiscono e che sopra abbiamo evidenziato nell'esempio.

 

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