IL «VALORE» DELLA CONSULENZA TECNICA DI PARTE

Scritto da Super User.

01 01Come tutti sanno, durante una vertenza giudiziale, le parti, al fine di corroborare le proprie tesi, possono nominare un consulente tecnico, il quale avrà il compito di peritare scientemente le pretese avanzate, al fine di fornire alla parte che lo ha nominato, un qualificato supporto tecnico.
Anche il giudice, dal canto suo, può avvalersi di un consulente tecnico, il quale avrà l'obbligo di rispondere ai quesiti formulati dal giudice, generalmente attraverso una analisi dei documenti in atti, al fine di fornire, anch'egli, un contributo tecnico che lo supporti nella formazione del suo convincimento.
Appare evidente, che le prestazioni conferite ai Consulenti Tecnici, a prescindere da quale sia la parte nominante, svolgono sostanzialmente la medesima prestazione.
Tuttavia la nomina di Consulente Tecnico d'Ufficio (quello cioè nominato dal Giudice) si differenzia dal Consulente Tecnico di Parte (cioè nominato da una delle parti in lite), non tanto per la qualità della prestazione resa, quanto per la determinazione del compenso spettante.
La Consulenza Tecnica d'Ufficio, viene regolamentata dal Decreto Ministeriale, n.182 del 30 maggio 2002. Tale Decreto, emanato 14 (QUATTORDICI) anni fa, si prefiggeva lo scopo di adeguare i compensi spettanti ai "periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale".
Anche allora si viveva lo stesso problema.
Scorrendo il testo del Decreto, si apprezza come il legislatore sia riuscito a ricomprendere e regolamentare un numero elevato di differenti tipologie di consulenze tecniche, la maggior parte delle quali quantificate economicamente in percentuale sul valore peritato.
Ovviamente, altrimenti non saremmo qui a contestarlo, la Consulenza Tecnica d'Ufficio resa per dirimere liti derivanti da rapporti di lavoro, regolamentata dall'art.10 del succitata D.M. 182/2002 non rientra tra queste.
Infatti, il succitato art.10 statuisce che:

"Per la perizia o la consulenza tecnica in materia di accertamento di retribuzioni o di contributi previdenziali, assicurativi, assistenziali e fiscali e ogni altra questione in materia di rapporto di lavoro spetta al perito o al consulente tecnico un onorario da euro 145,12 a euro 582,05".

Ebbene si, è cosa nota che gli importi testé riportati, non rappresentano un errore di trascrizione, ma bensì un "orrore" normativo al quale, francamente, è difficile attribuirne una ratio.
Il Consulente Tecnico d'Ufficio, può essere chiamato a peritare un anno, due anni, dieci anni di rapporto di lavoro; può essere chiamato a ricostruire un'intera carriera lavorativa, ricostruire un condono contributivo ovvero un Trattamento di Fine rapporto di lavoratori cessati per pensionamento.
Quest'opera, di elevato contenuto professionale, di supporto al Giudice, viene quantificata in un onorario quantificato tra € 145,12 e € 582,05, a prescindere del valore peritato.
Il compenso sopra individuato, ancorché nella sua massima formulazione, appare totalmente inappropriato, nonché incostituzionale, rispetto ai principi di proporzionalità della qualità e quantità della prestazione resa.
Fortunatamente per noi Consulenti del Lavoro, il 7 maggio 2013 veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto n.46 del 21 febbraio 2013 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il quale regolamenta i parametri per la liquidazione dei compensi spettanti agli iscritti presso gli albi dei Consulenti del Lavoro.
E' evidente che il succitato regolamento parametri costituisce un importante strumento, in difetto di accordo tra le parti, per quanto attiene la determinazione del compenso professionale spettante, e valorizza l'attività professionale collocandola in un contesto geo-economico moderno, riconoscendo alla categoria il giusto valore che, con costanza e determinazione (checché qualcuno ancora ne dica), ha saputo profondere nel corso del tempo.
I Ministeri vigilanti della giustizia e del lavoro, nel vagliare il provvedimento hanno anche contemporaneamente riconosciuto e delineato l'evoluzione di una professione che, dal 1979 al 2013, non ha solo consolidato le proprie competenze ampliandone contenuti e specificità, ma è cresciuta acquisendone molte nuove, specializzandosi nel tempo grazie allo spirito dinamico che la contraddistingue (Per approfondimenti sull'argomento clicca QUI).
Abbiamo dovuto attendere 14 anni, ma alla fine siamo riusciti a veder riconosciuto il valore della nostra professione.

Certo, questo risultato è il risultato di una intera categoria che è riuscita a mostrare un'immagine di se fondata sulla concretezza e professionalità.
Tuttavia il bicchiere come al solito è mezzo pieno o mezzo vuoto.
Ritorniamo ai nostri consulenti tecnici e, analizzando le rispettive parcelle emesse al termine dei rispettivi lavori peritali, potremmo notare le differenti prospettive del bicchiere.
Orbene, per meglio comprendere l'assurdità normativa, di seguito viene riportato un esempio di quantificazione delle spettanze a seconda che il collega consulente del Lavoro, abbia svolto la propria prestazione per una delle due parti ovvero per il giudice (Praticamente se riveste il ruolo di CTP ovvero di CTU).
Il Consulente del Lavoro Mario Rossi viene incarico dall'azienda Bianchi S.r.l. al fine di redigere una Consulenza Tecnica di Parte che verrà impiegata in un giudizio sorto a seguito di una vertenza nata tra l'azienda ed un suo dipendente.
Il valore della vertenza ammonta ad € 200.000,00. Al fine di formarsi il convincimento che porterà alla stesura della sentenza, il Giudice Delegato dal canto suo, nomina un Consulente Tecnico d'Ufficio, il quale avrà il compito di quantificare le richieste poste in giudizio.
Appare evidente, che, a prescindere dalla differenza meramente etimologica, la prestazione resa dal Consulente Tecnico d'Ufficio ed il Consulente Tecnico di Parte, è assolutamente identica.
Tuttavia, nelle rispettive quantificazioni, le fonti normative applicate, restituiscono importi notevolmente differenti:
o Liquidazione spettanze del Consulente Tecnico di Parte (art.14 D.M. 46/2013):
Il valore medio è costituito dal valore della controversia e la percentuale che viene applicata sul valore medio è 5,00%, con una forbice in riduzione fino al 2,7% e in aumento fino al 11,75%.
Il DM in questione, continua, statuendo che, in caso di determinazione di spettanze nelle controversie di lavoro, il valore medio è costituito dalla sommatoria delle retribuzioni complessivamente calcolate e la percentuale da applicare al valore medio, per la determinazione delle spettanze del CTP, è il 2,00%, con una forbice che va dal 0,75% al 5,00%.Stante il caso in esame (nel quale vi è una determinazione di spettanze nelle controversie di lavoro) e le relative percentuali summezionate, considerato inoltre il valore medio della controversia in esame (€ 200.000,00), spetta al CTP un onorario compreso tra € 1.500,00 (0,75%) ed € 10.000,00 (5,00%).
o Liquidazione spettanze del Consulente Tecnico d'Ufficio (art.10 D.M. 182/2002):
Spetta al perito o al consulente tecnico un onorario da € 145,12 a € 582,05

In una situazione, come quella sopra ipotizzata, quantomeno imbarazzante, emerge, inoltre, che il ruolo del Consulente Tecnico d'Ufficio si aggrava dell'onere di un evidente rischio professionale, atteso che il lavoro peritale prodotto risulta determinante nello svolgimento della lite giudiziale.
E' evidente che il peso di questa importante responsabilità, per la differenza di mandato professionale, non risulta presente nell'espletamento della Consulenza tecnica di parte.
Anche di questo fondamentale e delicato aspetto, il D.M. 182/2002, nulla rileva al riguardo.
E ancora, senza entrare nel merito delle modalità di riscossione dei compensi di CTU (anche questi in perfetta linea con la loro assurda modalità di quantificazione), appare veramente difficile riuscire a far comprendere agli attori del procedimento in questione, giudice compreso, che la differenza risultante tra le due Consulenze Tecniche non è frutto di un professionista esoso ovvero che cerca di lucrare sulle liti altrui, ma rappresenta la giusta applicazione normativa per la determinazione di un equo compenso spettante a fronte di una prestazione altamente qualificata. Tale difficoltà evidentemente emerge da una sostanziale differenza tra i due dettati normativi.
Atteso che il D.M. 46/2013, ad oggi, non può essere applicato per la determinazione delle spettanze dovute ai Consulenti Tecnici d'Ufficio, appare quantomeno inspiegabile, come, a parità di prestazione, le differenze spettanti risultano così macroscopiche.
Sarebbe pertanto un segnale di civiltà legislativa consentire a quel CTU, di vedersi riconosciuta la sua professionalità ed il suo impegno anche attraverso una equa quantificazione economica del lavoro svolto.
Pensare ad un adeguamento normativo, che vada oltre i veti applicativi del DM 46/2013, credo possa rappresentare il giusto riconoscimento al quel consulente del lavoro che con grandi sacrifici e con immutata professionalità, cerca, nonostante tutto, di mostrare la migliore immagine di se.

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