IL RAPPORTO DI LAVORO STAGIONALE

Scritto da Francesca Parri.

05 01Si parla di lavoro stagionale quando un'attività lavorativa si svolge in un determinato periodo dell'anno e manca il carattere della continuità. Tale attività rientra nel più ampio termine di lavoro a tempo determinato, dal quale si distingue per alcune eccezioni (limiti quantitativi e limiti di durata massima). La durata del lavoro stagionale, infatti, come indica lo stesso termine, si svolge in genere per un breve o medio lasso di tempo e può presentare il carattere della periodicità.
I principali settori di occupazione del lavoro stagionale sono quello TURISTICO, AGRICOLO e ALIMENTARE. Ma è opportuno notare che nel campo economico le attività e le tendenze occupazionali sono in continua evoluzione, così come la presenza di settori emergenti.
Al momento, le attività di settore stagionale sono definite dal D.P.R. 1525/1963 e dalla Legge 247/2007 (il cosiddetto Protocollo di Welfare). Inoltre, è opportuno sapere che il lavoro stagionale deve essere garantito da un contratto d'occupazione, stabilito dalle parti.
Con la Legge di Stabilità 2016, inoltre, al comma 73, si introduce l'estensione della deduzione IRAP al lavoro stagionale. Il costo dei lavoratori stagionali è deducibile, ai fini IRAP, nei limiti del 70% della differenza tra il costo complessivo per ogni lavoratore stagionale e le eventuali deduzioni spettanti.
La deducibilità del 70% si calcola quindi, per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno 120 giorni per due periodi d'imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell'arco temporale di due anni a partire dalla data di cessazione del precedente contratto.
Gli sbocchi lavorativi di breve periodo sono tantissimi e possono essere identificati nelle attività turistica, della ristorazione, nell'industria ortofrutticola e alimentare (raccolta, lavorazione, preparazione e commercio), nell'industria dell'intrattenimento e dello spettacolo, nelle fiere e nelle manifestazioni culturali, e così via.
Dal punto di vista del SETTORE TURISTICO, si considerano aziende di stagione quelle che osservano, nel corso dell'anno, uno o più periodi di chiusura al pubblico, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia.
In particolare, secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1995, n. 378, per essere definita stagionale, un'azienda, deve presentare un periodo d'inattività di almeno 70 giorni continuativi o 120 giorni non continuativi. Inoltre, la prestazione lavorativa dell'occupato non può essere inferiore alle 15 ore settimanali.
Il CCNL Turismo all'art. 83 prevede che rientrano nei casi di legittima apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato le intensificazioni dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno, come ad esempio i periodi connessi a festività, manifestazioni, iniziative promozionali e/o commerciali e soprattutto periodi di intensificazione stagionale e/o ciclica dell'attività in seno ad aziende ad apertura annuale.
Il trattamento dei lavoratori stagionali viene uniformato a quello dei lavoratori stabili, riconoscendo tuttavia l'opportunità che particolari regolamentazioni possano essere definite a livello territoriale, concordate in sede di contratti integrativi tenendo conto delle particolari caratteristiche ed esigenze delle aziende.
Fermo restando i valori della paga base nazionale, i contratti integrativi territoriali determinano le quote di maggiorazione della retribuzione per i lavoratori stagionali, tenendo conto della durata della stagione e delle implicazioni che tale durata riversa sui lavoratori. Si pensi ad esempio al personale assunto nei periodi di stagione da aziende ad apertura annuale site in località specificatamente climatiche o balneari.
In considerazione delle particolarità del SETTORE ALIMENTARE, le attività stagionali costituiscono una risorsa per l'occupazione e uno strumento per quelle aziende la cui produzione è fortemente condizionata dalla domanda del consumatore e dalle disponibilità delle materie prime in alcuni periodi dell'anno.
Pertanto, come previsto dall'art. 39 Stagionalità, del CCNL Alimentari Artigianato, il ricorso al lavoro stagionale, diventato nel tempo più ricorrente, è possibile oltre che per le attività previste dal D.P.R. 1525/1963, e successive modifiche e integrazioni, anche per quei contratti di lavoro riconducibili all'attività stagionale in senso ampio, ossia quella concentrata in periodi dell'anno e finalizzata a rispondere all'intensificazione della domanda per esigenze cicliche o variazioni climatiche o connesse ad eventi civili, religiosi, tradizionali e promozionali.
Ad esempio, è previsto che si possa fare ricorso al lavoro stagionale nei casi di aumento dei consumi concentrati in particolari periodi dell'anno collegati ai flussi turistici.
Il CCNL Alimentari Artigiani stabilisce inoltre che nell'arco dello stesso ciclo stagionale la durata complessiva massima sarà di otto mesi per ogni singolo contratto, ivi comprese eventuali proroghe e rinnovi.
Il lavoratore assunto con contratto a termine per lo svolgimento di attività stagionali, ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali, fermo restando l'identità di mansioni. Per accedere a tale diritto di precedenza, il lavoratore dovrà manifestare per iscritto la propria volontà entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
Nei casi di riassunzione di un lavoratore per ragioni di carattere stagionale non trovano applicazione le norme che dispongono per il datore di lavoro l'obbligo di rispettare il periodo di intervallo tra un contratto a termine ed un altro.
Per concludere, in relazione ai contratti a termine per le attività stagionali, il Ministero del Lavoro, attraverso l'Interpello n.15 del 20/05/2016, fornisce alcuni chiarimenti.
In particolare, evidenzia che nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali, non trova applicazione il regime degli intervalli tra un contratto a tempo determinato e la stipulazione del successivo, salva l'applicazione delle disposizioni del D.P.R. n. 1525/1963 nelle more dell'adozione del decreto ministeriale.
Inoltre, i contratti a termine conclusi per lo svolgimento di attività stagionali, costituiscono un'eccezione al limite di durata massima di 36 mesi stabilito dalla contrattazione collettiva. Ne consegue, quindi, che eventuali periodi di lavoro caratterizzati da stagionalità non concorrono alla determinazione del limite di durata massima di cui all'art. 19, comma 1, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, che opera invece per i contratti a termine stipulati per lo svolgimento di attività non aventi carattere stagionale.
Infine, relativamente alla Disciplina per il Trasporto Aereo ed i Servizi Aeroportuali, riguardo la non computabilità dei periodi di lavoro prestati per lo svolgimento delle attività stagionali ai fini della determinazione del limite di durata massima di 36 mesi, attraverso la disciplina contenuta nell'art. 2 del D.Lgs. n. 368/2001, vengono introdotti limiti percentuali ulteriori rispetto a quelli previsti in via generale, evidentemente giustificati dalla specificità del settore e dalle esigenze ad esso connesse.

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